Odi l'inno Celeste guerriero che di Brento noi figli innalziamo - di A. Indini



Fortuna volle che l’inno a San Teodoro non sia stato ancora manomesso, la frase che   sono i figli di Brento ad innalzare la sacra canzone al Santo Patrono di Brindisi San Teodoro d’Amasea è rimasta immutata.

Dalla raccolta dei diversi “Manoscritti Brundusini” e altri Autori Esteri riportati nella “Memoria Historica dell’antichissima e fedelissima Città di Brindisi” del molto reverendo Padre Maestro Andrea della Monica, arrichite da fonti storiche e leggende, ricerchiamo i motivi di scelta del fondatore quale Ercole sia stato padre di Brento, denominatore della Città di Brindisi che in suo onore vennero erette due maestose colonne.

Per Varone Marco Terenzio, proposto da Cesare alla direzione della prima biblioteca pubblica di Roma, il primo Ercole fu chiamato Libico od Egizio perché nacque in Egitto come vuole lo storico romano Pùblio Cornelio Tacito.

La colonna d’Abila e con opposta Calpe in Spagna è stata opera di questo Ercole d’Egitto per indicare il termine della pericolosa navigazione.

Scrive Beroso agli inizi del 3° secolo a.C. “ che abbiano gli antichi preso in poverbio quando qualcuno salito al sommo delle lodi de delle grandezze oltre le quali non abbia più che sperare dicendo “Ad Ercules Columnas”.

Continua Della Monaca “che pur emulando il valore di Brento la paterna grandezza, meritò che per trofeo se  li si eriggessero due colonne in questa parte d’Italia come furono a gloria del Padre innalzate in Africa ed i Spagna …. per vantar la sicurtà del porto,fra tutti gli altri,fuor del quale non possono i naviganti sperarne altre maggiore, come si disse per proverbio: AD ERCULES  COLUMNAS.

Silla sbarca a Brindisi nella primavera dell’ 83 a. C. Lo storico Appiano nato in Egitto nel 95 d.C., che si trasferì a Roma durante il regno di Adriano, scrisse una Storia di Roma in 24 libri, alcuni dei quali pervenutici completi come Guerra civile tra Mario e Silla, De bellis civilibus, volume XII, Libro I°. riporta che le colonne rimontano all’epoca di Lucio Silla il quale, memore della fedele cooperazione dei Brindisini, durante la guerra sociale, e degli aiuti personali da costoro prestategli quando, reduce dall’Oriente dovette fronteggiare il partito di Mario, non solo esonerò Brindisi, secondo Appiano, di ogni tributo verso la Repubblica, ma ne procurò l’abbellimento edilizio, facendo trasportare dall’Egitto quelle due colonne.

Sono due le verità storiche rimaste immutate senza profanazione, lo stemma che rammenta “AD ERCULES COLUMNA” ancora non rimosso dal castello di terra per essere murato nella sala della colonna nel palazzo Granafei e l’inno a San Teodoro “ Odi linno celeste guerriero che di Brento noi figli innalziamo ed ancora a Te salga la sacra canzone che di Brento noi figli innalziamo”

Speriamo che i brindisini nel fare sparire quest’inno non facciano sparire pure San Teodoro.

6 settembre 2015
                                                                                   Aldo Indini - Cultore di Storia Locale