Pubblicato su “EUROMEDITERRANEO” n. 134 – 13 agosto 2008

 

BRINDISI “CITTA’ D’ACQUA”

 

E SE SPUNTASSE UN GRATTACIELO?

 

Ai tempi del sindaco Antonino, nel 2001, si chiamava “Sistema urbano portuale”; con Mennitti invece “Brindisi città d’acqua”. E’ il progetto che riguarda il waterfront della città: presentato da Antonino aveva delle linee programmatiche, che via via, trasformato in “città d’acqua”, è diventato un oggetto misterioso e per pochi privilegiati, con tante parole fumose, nessuna notizia concreta, nemmeno sul sito appositamente creato.

 

La cittadinanza, le associazioni, le organizzazioni del mondo civile e gli ordini professionali non sono stati coinvolti o interpellati, sono stati invitati, invece, degli architetti spagnoli per dare il loro contributo, secondo il vecchio detto: “San Teodoro ama i forestieri”. Eppure a Brindisi non mancano le professionalità, con punte di eccellenza sparse per il mondo: brindisino è il progettista della metropolitana di Caracas, in Venezuela, come l’architetto che ha progettato intere città in Canada e molti sono i docenti nei migliori atenei italiani. Ma è la partecipazione, le “scelte condivise”, le proposte dei comuni cittadini, che esprimono le esigenze quotidiane, che sono venute a mancare e ciò comporterà guasti al territorio, che in futuro saranno indicati come “errori del passato”.

Si parla, ad esempio, di allargare la banchina prospiciente le colonne romane, senza considerare gli svantaggi derivanti alla città e al porto stesso; è come voler allargare le strade del centro storico di Ostuni.

Il centro storico ed il porto di Brindisi, per la conformazione e le alture che lo circondano, sono uno scenario spettacolare creato dal migliore degli ingegneri e degli architetti, il Padreterno mentre ogni volta che l’uomo vi ha messo mano ha creato dei guasti spesso irreversibili: ultime in ordine di tempo sono la colmata per il rigassificatore, assurda per un porto naturale con un retroterra pianeggiante e quella vasca realizzata nel canale Patri a pochi metri dal mare.

 

Il prof. Benito De Sivo, del Dipartimento di ingegneria dell’Università di Napoli, nel “Recupero delle antiche tecniche costruttive napoletane” scrive: “Troppo spesso l’intervento nei centri storici, contrabbandando per buone iniziative sconvolgenti, ha stravolto completamente l’essenza stessa dell’insediamento, trasformando sia la consistenza delle vecchie fabbriche che il contenuto sociale ed umano rappresentativo della vera natura di esso ….”. Ed ancora: “Sembra come se un disegno diabolico abbia voluto condannare alla completa distruzione il nostro patrimonio più caro per poterlo sostituire con una edilizia nuova certamente insignificante e molto più deteriorabile di quella che ha sfidato lunghissimi anni di incurie”.

Nel corso degli ultimi 50 anni l’Italia ha subito il più rovinoso sacco urbanistico della sua storia.

 

Due giornalisti, Marco Preve e Ferruccio Sansa con il libro “Il partito del cemento” denunciano gli ecomostri sulle coste e nei borghi marinari della Liguria, con progetti di grattacieli, residenze, esercizi commerciali, con l’avallo di grandi nomi dell’architettura e con l’imbonimento bipartisan della politica. Insomma, una azione di “espropriazione indebita” delle coste a vantaggio di pochi, con società pubblico-privato, che di fatto si “appropriano legalmente” di beni che sono di tutti i cittadini, con accordi di programma che sostituiscono le leggi e le “regole” del libero mercato.

 

A Milano, invece, il sindaco Letizia Moratti ha puntato, per l’urbanistica, su scelte condivise, con un modello partecipativo, meno imposto dall’alto, che guarda all’interesse generale, evitando così accuse di favoritismi. “Servono regole nuove, flessibili e in grado di rendere più rapide e facili le decisioni”, sostiene la Moratti, con un Piano di governo territoriale che accolga il più possibile le istanze dei cittadini e senza porre ostacoli a chi vorrà investire.

 

A Barcellona, per la costruzione di un nuovo quartiere residenziale, sono state raccolte le richieste e valutate le esigenze dei futuri abitanti; il progetto è stato elaborato successivamente e di conseguenza.

 

A Malmo, in Svezia, un grande porto industriale dismesso è diventato un esempio di città ideale con verde, acqua e grandi spazi, dove c’è chi prende il sole, chi fa jogging, chi cammina, chi nuota, chi fa picnic serali al lume di candela. E senza che l’area sia recintata, perché gli spazi pubblici appartengono a tutti.

 

C’è bisogno di creare “polmoni verdi” nelle città, parchi che superino gli otto ettari e con un indice che superi i 6 metri quadrati pro-capite, come al nord, e favorire la creazione di giardini privati, che non vanno visti come lusso, ma come patrimonio dell’ambiente collettivo.

 

Perché, ci si chiede, a Brindisi si vogliono assediare ulteriormente le banchine del porto e non si pensa che è prioritario riqualificare tutti i quartieri della città?

A Brindisi non sono necessarie le colate di cemento, ma occorre trasformare le servitù delle aree militari dismesse in risorse al servizio dei cittadini, valorizzando il patrimonio urbanistico del centro storico e dei quartieri che si affacciano sul porto, con il proprio tessuto sociale ed economico. I cittadini, in definitiva, devono riappriopiarsi di tutta la fascia costiera della città, compresa la zona nord, con il Castello Alfonsino e con le batterie costiere, monumenti di arte militare irripetibili, da recuperare e per creare un ulteriore e nuovo lungomare di Brindisi, dalla Sciaia fino a Punta Penne. E per quanto riguarda il porto interno va decisamente bocciata l’idea di realizzare insediamenti di edilizia residenziale per pochi fortunati, centri commerciali e direzionali, che distruggerebbero e metterebbero ulteriormente in crisi l’economica cittadina. Non ci troviamo, infatti, ad Amburgo, nella nuova HafenCity, dove su 155 ettari di territorio rinvenuti dai vecchi magazzini portuali sta sorgendo un nuovo quartiere direzionale, sede di grandi gruppi economici internazionali. Ha, comunque, ragione il sindaco Mennitti, quando sostiene che ci si trova di fronte a ipotesi di declino e ad occasioni di svolta, ma altre sono le strade da percorrere, con il contributo di tutti i cittadini.

 

“Brindisi città d’acqua”: una nuova città sul porto? No il porto sulla città.

 

Vito Maellaro