prof. dott. Francesco Magno

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Ai Media

 

Brindisi 29/03/2011

 

SULLE BONIFICHE MENO ENFASI E PIU’ FATTI CONCRETI.

 

Sulla vicenda bonifiche e partecipazione all’Accordo di Programma del dicembre 2007, sono costretto a rappresentare una voce fuori dal coro in quanto ho contezza del fatto che le stesse grandi aziende, in virtù di una normativa che diventa sempre più stringente nei confronti di chi ha inquinato ed in merito al “danno ambientale”, sono state invitate (costrette?) dal Ministero dell’Ambiente ad accettare soluzioni di compromesso.

 

Il Ministero conoscendo bene la situazione ambientale di Brindisi, sa anche di non avere un centesimo da inserire nell’Accordo di Programma che lo stesso ha sottoscritto, garantendo allora anche 50 milioni di euro e sa anche che le più grosse aziende del polo chimico (oggi: Enichem, Basell, Sanofi-Aventis, ecc) e di quello elettrico (oggi: Enel, Edipower, Enipower) sono quelle che hanno maggiormente contribuito allo stato di contaminazione e di inquinamento del territorio di Brindisi ed attua, con queste, la strategia deldanno ambientale”.

 

Infatti, seguendo le procedure della legge quadro sull’ambiente (Dlgs 152/2006, art. 300 e s.m.) il Ministero, in qualche maniera, induce le grosse aziende ad aderire all’Accordo di programma per Brindisi (così come per altri siti nazionali) facendo sottoscrivere un contratto decennale di sostanziale riconoscimento di un “danno ambientale” causato.

 

In queste condizioni, essendo lo stesso Ministero dell’Ambiente quello che interviene nel riconoscimento della cifra relativa al “danno ambientale” provocato, le diverse grandi aziende sono scese a miti consigli aderendo all’Accordo di programma sulle bonifiche e ciò in quanto questa adesione costa molto meno che non rispetto alla specificazione della somma da conferire per “danno ambientale”.

 

Quindi ritengo che non ci possono essere compiacimenti da parte di nessuno in merito al fatto che i maggiori rappresentanti delle “aziende di Stato” (Polimeri Europa, Sindyal e Enipower) si siano seduti ad un tavolo con gli Enti territoriali ed hanno trattato in merito alle bonifiche; del resto la “analisi di rischio” presentata dalle aziende, in Conferenza dei servizi presso il Ministero, non deve avere il parere anche degli Enti locali???

 

Non possiamo dimenticare che queste aziende (se pur con nomi differenti) fin dal 1965 hanno fatto a Brindisi la storia della chimica nazionale, portando sicuramente lavoro ed occupazione, ma togliendo anche ed impunemente tanto alla storia naturale del sito, alla salute dei Cittadini e dei lavoratori.

 

Non ci sono concessioni da parte di queste grandi aziende né nei confronti del territorio e né nei confronti della salute dei Cittadini e soprattutto di quelli che non ci sono più e/o soffrono a causa dell’inquinamento indotto.

 

Quindi, nessuno pensi e dica di essere stato più bravo di altri in quanto ad oggi gli Enti locali ed i vari addendum, non hanno portato alcun oggettivo risultato al grave problema dell’inquinamento del petrolchimico.  

 

Non si faccia enfasi sull’incontro di ieri in Provincia con le aziende del petrolchimico; se questa può esserci è solo per la eventuale risoluzione di un problema gravissimo come quello dei 50 ettari di Micorosa che, stranamente, non ha mai visto impegnata la magistratura per il “danno ambientale” procurato da una discarica abusiva di rifiuti pericolosi e tossici.

 

In merito poi all’Accordo di programma del 13 dicembre del 2007, sottoscritto dal Ministero dell’Ambiente, dal Commissario per l’emergenza ambientale, dalla Regione e soprattutto da Comune e Provincia, anche qui con grande enfasi, non è altro che effimero e paradossale in quanto non vi è un centesimo pubblico né dal Ministero e né dalla Regione (a fronte di ben 115 milioni previsti) ed il progetto dei “diaframmi plastici” è lievitato (grazie all’incarico dato dal Ministero alla house Sogesit)da 135 a 200 milioni di euro.

 

Paradossale è che tale progetto comporta anche la necessità di “gestire” tutti gli impianti di trattamento depurativo delle acque di falda, dei quale non si ha la minima cognizione del costo di realizzazione e di quello di gestione; di certo si sa che tutti gli oneri dovranno ricadere sulle aziende che hanno deciso di sottoscrivere l’Accordo di programma del dicembre 2007.

 

Quindi chi ottiene benefici dall’Accordo sono solo le grandi aziende e non quelle piccole che non hanno provocato alcun “danno ambientale”; infatti, con l’adesione all’Accordo sulla bonifica, queste stesse grandi aziende hanno la possibilità di avere l’immediata disponibilità dei terreni (anche se con falda contaminata) e di spalmare in ben 10 anni la quota di partecipazione all’Accordo !!!

 

Possibilità che viene negata dal Ministero alle piccole aziende ed agli stessi singoli proprietari dei terreni che sono costretti a pagare subito l’onere di circa € 6,5/mq. e con l’aggiunta dell’incognita delle spese di gestione dell’impianto di trattamento acque.

 

Nessuna valutazione in merito al pagamento viene fatta alle aziende che oggi si insediano sul territorio industriale e che, come per i terreni non utilizzati industrialmente, non possono aver contaminato la falda.

 

Infine, tutte le discussioni ascoltate e lette in merito alla possibilità di realizzare piccole opere che non incidono sulla falda contaminata sono del tutto prive di contenuti e rappresentano la realtà oggettiva della totale mancanza di “attenzione” da parte di tutti gli addetti. E’ emblematico quanto riportato all’art. 5 comma 3 dello stesso Accordo là dove si chiarisce che:

 

“il Ministero dell’Ambiente certifica la restituzione agli usi legittimi delle aree, nel caso ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

     1. I suoli non siano inquinati;               2 la falda non sia inquinata”.

 

E’ possibile che nessuno dei sottoscrittori dell’Accordo si sia reso conto che approvando e firmando tale articolo avrebbe precluso ogni possibilità di realizzare alcunché, in mancanza di uno dei due requisiti? Passi per la contaminazione dei suoli ma, santa miseria, perché impedire la realizzazione di una infrastruttura e/o di un’azienda ove non incide con la falda, se pur contaminata?

 

Questo Accordo vale anche per la zona agricola!!! Per cui, non solo i pannelli fotovoltaici ma anche le famose serre (riesumate dalla convenzione del 1996) e quanto altro si riterrà opportuno di realizzare, dovrà passare attraverso la procedura della caratterizzazione.

 

Infine, gli Enti si compiacciano solo se riescono a fare, in tempi stretti e non aspettando 3 anni prima della riunione del Comitato di controllo e gestione, due modifiche all’Accordo:

-      restringere l’area d’intervento alla sola zona industriale (del resto l’andamento della falda nella zona agricola va verso le saline e non sarà interessata dai diaframmi plastici); 

-      fare in modo che la Regione affidi ad ARPA l’incarico di validare, al più presto, valori di concentrazione più elevati per i solfuri ed il manganese, elementi naturali e indotti dalla risalienza delle maree .  

 

  Quindi atti concreti e capacità induttiva; solo queste sono azioni capaci di riconoscere e giustificare negli Enti locali, una certa dose di enfasi.

 

prof. dott. Francesco Magno