Recensione del film 'Silence' - di Anna Rizzo
Divergiamo dal consueto argomento della rubrica per parlare, questa settimana, di un film attualmente in fase di proiezione nelle sale cinematografiche - l’abbiamo visto mercoledì sera presso la Multisala Andromeda
Tratto da un capolavoro della letteratura giapponese, scritto nel 1966 da Shusako Endo, Silence è il nuovo film – dalla gestazione decennale – di Martin Scorsese, che torna a parlare di uno dei temi più profondi del suo cinema: il rapporto tra i misteri della fede e il comportamento dell’uomo.
Il Giappone, nel 1633, è scosso da una violentissima e radicale repressione del Cristianesimo: i fedeli e i padri missionari vengono uccisi o costretti all’abiura. In Portogallo, due giovani padri missionari gesuiti, Padre Rodrigues e Padre Garrpe, vengono informati che il loro maestro spirituale, padre Ferreira, dopo aver commesso apostasia – rinnegando la propria fede – è scomparso e ottengono il permesso di andare a cercarlo. Il viaggio, soprattutto per Padre Rodrigues, si trasformerà in un’aspra Via Crucis: un viaggio continuamente combattuto tra la vocazione missionaria e la tentazione del dolore, del tradimento, della repressione e della sofferenza. Padre Rodrigues, vittima del proprio io, è convinto di dover abbracciare il martirio per la salvezza altrui, come “un nuovo” Cristo. “Prega, ma prega con gli occhi aperti” oppure “il prezzo della tua gloria è la loro sofferenza”, gli dice uno dei suoi tormentatori. L’invito è a guardare realmente le sofferenze altrui, a superare la dimensione chiusa ed individualistica della fede, a comprendere l’inutilità del martirio. Così da poter predisporre il cuore all’ascolto di un Dio che è negli altri, fuori dall’individualistico sé.
Dirompente nello scenario intimo e sociale attuale, Silence coinvolge lo spettatore in uno spettro di riflessioni profonde: il rapporto dell’uomo con Dio, un Dio spesso silente (non assente, ma che vittime del proprio egoismo si fa fatica ad ascoltare); la profonda frustrazione con cui si vive la fede quando si è scandalizzati e vittime delle proprie fragilità e debolezze (affascinate è la figura di Kichijiro); il valore dell’identità culturale – più forte di qualsiasi credo politico e religioso e più importante di qualsiasi congettura economica – e la meditazione sull’origine dei fondamentalismi: perché la convivenza e l’arricchimento tra culture è possibile solo se il confronto è alla pari.
La pellicola ha una durata di due ore e quaranta minuti, ma l’intensità dei temi e la partecipazione emotiva vincono ogni possibile resistenza dell’attenzione.