ALBERTO DEL SORDO

 

 

 

      Stava in piazza Duomo, con Teodoro, in quel 1986, quando ci fu l'incontro con i Padri Carmelitani, per andare con loro da Mons. Arc. Settimio Todisco. Quell'incontro era per Alberto, il frutto di un intenso lavoro.

     Come lo stesso Alberto scrive sul fascicoletto “XXV della benedizione del Santuario di S. Maria Madre della Chiesa Jaddico – Brindisi”: - Intensi furono gli incontri e la corrispondenza con varie Comunità religiose, tendenti a risolvere il non facile problema della disponibilità di una di esse a prendere possesso del tempio e delle opere annesse, ma era nei piani del Signore che, a tempo debito, fosse destinato a Jaddico un ordine mariano, quale quello dei Padri Carmelitani Scalzi.

      I Padri notarono due qualità di Alberto: l'intraprendenza e lo zelo, affinchè il Santuario avesse finalmente una comunità religiosa, e la grande umiltà che lo portava a non farsi protagonista.

     Una notte sognò Teodoro, che gli diceva:

- Vieni quà con noi, che stiamo bene; che stai a fare ancora laggiù? Lasciali stare tutti e vieni con noi.

- Certo che voglio venire, ma quando il Signore me lo consentirà.

- Si certo, certo, dall'altra parte. Quando il Signore te lo consentirà. 

     Che gioia si avvertiva in lui, mentre la sua voce vibrava e mi raccontava.

     Era contento, perchè l'invito gli arrivava dal suo amico, da Teodoro D'Amici, e perchè mi parlava di una vita nuova, da lui tanto desiderata come frutto di tutt'intera una vita.

      Tra me e Alberto si era creato un vincolo di sangue, da quando la Madonna, in maniera silenziosa e delicata, aveva fatto sì che io mi innamorassi ogni giorno un po' di più di Lei.

      Ogni anno quando si avvicinava la data dell'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione, Alberto mi telefonava, e di sabato mattina, prima che arrivasse quella data, andavamo in questura. Lui rimaneva in macchina ed io andavo all'ufficio del questore, per consegnare la lettera con la quale si chiedeva una scorta di polizia municipale per il pellegrinaggio automobilistico notturno. Si partiva alle 5,30 del mattino.

     Alberto aveva già organizzato tutto. La statua della Madonna già prima dell'8 dic. era nell'Istituto delle suore vincenziane di Brindisi. Partenza da piazza Duomo.

     Tutto pronto: gli altoparlanti, il faro per dare luce alla statua della Madonna, le grandi lettere A M (Ave Maria), la musica mariana, i manifestini da mettere sui vetri e sul cofano delle macchine: Viva Maria, Viva la Madre di Dio ........, e la macchina.

     Le porte delle suore di San Vincenzo, già molto prima delle cinque del mattino, erano spalancate, e suor Vincenza Saponaro, una suorina dolce, che ancora oggi è lì, ci offriva un ottimo caffè fumante.

     I Servi, davanti a quel caffè, non si facevano pregare. Avevano passato tutta la notte a Jaddico a vegliare.

     Tutto l'impegno per questa organizzazione era di Alberto, o del professore, come io stesso lo chiamavo. Quel pellegrinaggio notturno era una sua creatura. Anche così lui voleva esprimere il suo amore per la Madonna.

     Così tutti gli anni, finchè lui ritenne fosse arrivato il momento di cedere il posto.

     A quel punto mi disse: “Vedi?, i manifestini da mettere sulle macchine, stanno lì”, e me li indicò nello scaffale alto del suo sgabuzzino. “Quando serviranno tu sai che stanno lì”. E poi in un tempo successivo, mi fece il suo più bel regalo di stima e di fiducia, qualcosa dal valore inestimabile.

     Due timbri a inchiostro, il cui legno era vissuto, uno circolare e l'altro rettangolare: “Pia Associazione dei Servi della Madonna - Santuario di Jaddico – Brindisi”.

     Era un passaggio di consegne. Avvertivo la responsabilità. Come se mi dicesse : “Adesso continua tu.”
     Molto pesante per me questo incarico. Non potevo reggere il confronto.

     Mi ha visto crescere.

     In pantaloncini corti andavo nella sua casa di via Casimiro, a prendere lezioni di doposcuola. Ne avevo proprio bisogno. Nessuna voglia di studiare. Il suo studio si affacciava su via Duomo, sarà stato un secondo piano.

     Il giorno del mio matrimonio era in chiesa, nella chiesa della Pietà. Ora quelle foto sono più importanti.

     In questi ultimi anni abbiamo condiviso gli stessi ideali.

     Solo con lui potevo parlare della Pia associazione dei Servi della Madonna. I Servi erano morti tutti, ne erano rimasti solo due, e lui era già avanti negli anni.

     Quando lo andavo a trovare a casa, lo vedevo nel suo studio, circondato dai suoi libri, in mano la coroncina del rosario.

     E' lì che prega, non si accorge che qualcuno sta arrivando, perchè non sente suonare il campanello. Quando avverte la presenza nuova, dopo essersi girato, pronuncia il mio nome, in termini di saluto.

     Ci fumiamo assieme una sigaretta, spesso anche due, ma lui non sa che io non fumo, non gliel'ho mai detto, per rispetto. Il mio è un fumo passivo.

     Le mie visite in questi ultimi tempi erano diventate meno frequenti, perchè il mio nuovo lavoro mi aveva allontanato dalla sua abitazione. Lo andavo a trovare a conclusione della mia giornata lavorativa.

     Pochi giorni prima del 27 maggio di quest'anno, ancora una volta, sono andato a casa sua. Per la prima volta non mi ha riconosciuto.

     Mi aveva sempre accolto con un: “Eì Tonino”, ma questa volta no.

     Lui sapeva che a Jaddico, tutti i sabato, da ormai sei anni, si pregava dalle 23,00 alle 24,00, perchè la Madonna nel 1962 aveva chiesto una preghiera notturna. Approvava, mi diceva che voleva venire, ma poi si arrendeva. La sua salute non glielo consentiva.

     Ancora una volta, per questa preghiera, solo un pugno di persone, anche queste non curanti dei disagi degli orari e del doversi ritirare a casa di notte. Dopo sei anni, la necessità di crearci delle regole, attraverso uno statuto.

     Ero andato a chiedergli una sua firma. Doveva essere la prima firma di quello statuto, ma non aveva coscienza di quello che gli chiedevo, per cui preferii non insistere. Mi dicevo che una firma messa così, non avrebbe avuto alcun significato.

     Ci fossi andato prima, avrebbe potuto, e lo avrebbe fatto con gioia.

      Ora è morto. Lui non sa che, quando era ancora in vita, la “Pia associazione dei Servi della Madonna”, attraverso quello statuto è tornata a vivere. Non sa che appena due mesi fa, il Papa è passato da sotto casa sua. Non sa che un bel libro che parla di Jaddico, della Luce della Madonna, anzi di Dio, che attraverso la Madonna si è rivelata, è stato donato al Papa Benedetto XVI, e che ora viene distribuito a tutti i pellegrini che ne fanno richiesta.

     Ma forse mi sbaglio. Ora lui sa. Adesso finalmente è in compagnia dei suoi amici, quelli che attraverso Teodoro gli dicevano: “Ma che stai ancora a fare laggiù, lasciali stare, vieni qui con noi, che stiamo bene“.

      Alberto era un vulcano di idee. Il suo cuore palpitava per Jaddico. Gli salì in gola quando dovettero sistemare sul tetto dell'atrio d'ingresso del Santuario, la grande statua della Madonna, non trovavano il modo di spostarla dal camion. Questo il racconto di Alberto. Non c'erano funi che potevano sostenere quel peso. Si spezzavano, o si correva questo rischio. Uno dei presenti corse alla vecchia Saca, che si trovava di fronte agli attuali Vigili Urbani per prendere delle funi a forma di fasce, con le quali poterono sollevarla e collocarla dove oggi si trova.

     Poi Alberto sottovoce, quasi che con noi ci fosse qualcuno ad ascoltarci, aggiungeva che quella statua era stata donata da Armido Liberati, e che Armido, anche lui Servo, aveva taciuto a tutti questo suo gesto.

     Non sto facendo nessun torto ad Armido, quel suo silenzioso gesto è stato apprezzato dal Signore, ma ora è giusto che si sappia.

     Forse Alberto non lo ricordava, perchè in un tempo successivo, mi accorgo che lui stesso già aveva infranto quel silenzio, perchè sia pure in maniera fugace, aveva scritto di Armido sul suo libretto dedicato al Santuario di Jaddico che in copertina riporta la foto del Santuario con appunto sul porticato la bellissima statua in marmo.

      Con la partenza di Alberto abbiamo un alleato in più in Paradiso. Che ci aiuti, insieme ai suoi amici che lo hanno preceduto ad essere anche noi Servi della Madonna.

Anche noi vorremmo rispondere: “Si, quando il Signore me lo consentirà.” Potremo farlo quando in sogno Teodoro ci inviterà a lasciare stare tutto quaggiù.

     Ciao, Alberto.

 

                                                                                                                                                tonino.

 

 

 

 

PREGHIERA DI AFFIDAMENTO ALLA MADONNA DI JADDICO

(Scritta da Alberto in un momento di ispirazione.)

 

 

O Vergine Immacolata,

Regina dell’Universo,

Madre della Chiesa e Madre mia amorosissima,

Luce dell’anima mia e della mia mente,

non permettere che io,

indegno figlio tuo,

mi allontani, per un solo istante, da Te.

Senza la tua luce mi perderei

e diverrei servo del peccato

ed invece non desidero che essere servo Tuo.

Accompagnami,

illuminato dalla Tua luce

e inebriato dal Tuo profumo,

per i tortuosi sentieri di questa vita!

Coprimi negli assalti dell’inferno,

con il Tuo manto,

e rendimi invisibile a satana!

Disponi, a Tuo piacere,

della mia vita

e non cessare di proteggermi e di benedirmi,

sicchè, quando al Tuo divin Figlio

piacerà di chiamarmi per la grande sentenza,

io possa presentarmi a Lui,

sicuro della salvezza eterna.

 

 

 

 

ALBERTO DEL SORDO

visto con gli occhi di Pino Scagliuso.

 

 

      Alberto chiese anche la collaborazione del suo amico Pino Scagliuso, per il pellegrinaggio dell'8 dicembre.

- Grazie a lui, mi dice lo stesso Pino, ho avuto l'onore di portare in pellegrinaggio a Jaddico, sulla mia macchina, la statua della Madonna.

     Uomo intelligente. Il suo tono, quando predicava, era duro. Predicava la via dell'amore.

     Uomo duro, esplicito, integerrimo. Al sentirlo parlare dall'ambone, si poteva pensare non fosse il Diacono.

     Uomo tutto d'un pezzo. Talvolta insopportabile, ma amabile. Grazie anche al suo aiuto sono cresciuto spiritualmente.

      Ogni anno, tre mesi prima della festa dell'Immacolata Concezione, con la mente già organizzava il pellegrinaggio, ed iniziava a parlarmene e a raccomandarsi che tutto doveva essere fatto bene e nel modo giusto. Conoscevamo bene, io e lui le cose da fare. E borbottava sempre e mi ringraziava in quanto il mio aiuto gli era indispensabile, specialmente negli ultimi anni. La sua precisione sfiorava l'assurdo.

      Un giorno prima della partenza, andammo a piazza Duomo, nell'Istituto delle Suore per fare gli ultimi controlli: prova degli altoparlanti, accensione delle luci della corona della Madonna. Tutto bene, tutto pronto.

     Al mattino successivo, alle 4,30, lui era già lì, fuori dal suo portone, ad aspettarmi: corso Garibaldi 112. In tanti anni non si è mai presentato dopo di me.

     In piazza Duomo non ancora un'anima viva. Monto tutto sulla macchina, attacco alla batteria la spina della corona della Madonna, ma le lampadine non si accendono. Che guaio per il professore. Ad un certo punto esce dalla tasca una busta che poteva avere una certa età, e tira fuori una lampadina.

- “Tieni, Pino, cambiamola.”

     Ecco la precisione. Nulla gli sfuggiva.

Ma in questo ultimo periodo, sapendo che non ce l'avrebbe fatta ad essere l'attore principale del pellegrinaggio, mi diceva: “Pino, mi raccomando, continua tu. Non lasciartelo sfuggire.”