A completamento di quanto pubblicato lo scorso mese di agosto, proponiamo la seconda parte riguardante Cassano Giuseppina, moglie di Teodoro D'Amici.

 

 

Giuseppina Cassano, la moglie di Teodoro D’Amici.

 

 

2^ parte

     Dopo questo primo inaspettato episodio, un fulmine a ciel sereno, nella stessa sera, ma è ormai notte, al rientro da Jaddico, Giuseppina tira per i piedi il compare Elvio Martinelli, il quale dorme con la moglie, per raccontargli quello che è accaduto. (E’ facile andare dal compare Martinelli, perché proprio quella notte dorme, in casa della figlia di Giuseppina, con la moglie Maria). Con questo entusiasmo lei vive già questo primo evento.

     Avvertivo un senso di felicitàè che regnava nella nostra casa. Giuseppina notava i cambiamenti di Teodoro, e con un sorriso ironico, diceva che era diventato più diplomatico. In realtà Teodoro cambiava dal di dentro, e questi cambiamenti avvenivano grazie alla Madonna nostra.

“La Madonna nostra”. Così diceva Giuseppina, così dicevano in casa D’Amici.

Ma questo linguaggio veniva usato anche fuori di casa, ed io che non avevo ancora dodici anni, facevo notare che quella Madonna non era nostra.

Ma anche i “Servi della Madonna di Jaddico”, come Giuseppina, sentivano che quella madonna apparteneva a loro.

Per forza, Giuseppina e gli altri di Jaddico, ormai vivevano per questa cosa. Ormai Jaddico ce l’avevano nel sangue.

Ma guarda, diceva quando raccontava dei fatti di Jaddico e facendo riferimento a Teodoro, la Madonna ha scelto proprio “questo qua”. Ma era felice. Non le è mai mancata la certezza della verità.

     Giuseppina non ha sofferto quando Teodoro ha detto che voleva costruire la chiesa, almeno nel rustico. Anzi, si è rivelata protagonista quando il marito non sapeva come fare. Lui era preoccupato, ci volevano i soldi e subito, perché la costruzione della chiesa, subito doveva iniziare. “Coprimi, ho freddo!” Questa è stata la richiesta della Madonna. Avrebbe venduto una proprietà per ottenere lo scopo. Teodoro ne parlava in casa con la moglie, ma come fare?

Proprio questa perplessità, proprio questa decisione importante, che non poteva prendere all’insaputa della moglie, provoca in quest’ultima una risposta che incoraggia Teodoro, che lo fa sentire bene, che gli fa capire che anche lei fortemente condivide il progetto.

“Abbiamo sposato due figlie, facciamo finta che ne dobbiamo sposare tre”. Ecco, fu questa la risposta. Era un modo per dirgli: “Coraggio, iniziamo, la Madonna ci aiuterà”. Questa fu la soluzione.

E Teodoro si rassicurò perché sentiva di avere il suo sostegno, anche in questo momento importante.

     Jaddico, la Madonna di Jaddico, l’ha riempita di entusiasmo, fino ai giorni della sua vecchiaia. Quando c’era da parlare di quello che era accaduto, ne parlava con quella freschezza giovanile, che lasciava intravedere i segni dell’entusiasmo, come se il fatto fosse accaduto pochi minuti prima. La Madonna l’aveva resa testimone. Questa era la sua missione.

Gli ultimi suoi anni, gli ultimi suoi giorni sono stati segnati da tanta preghiera. Andavamo a messa, dicevamo il rosario a Jaddico, nelle case con le famiglie, andavamo a piedi a Jaddico. Lei era sempre presente, con la sua sedia a rotelle, ultima sua compagna.

Se le chiedevo di uscire per una passeggiata, mi diceva di no, perché non stava bene; ma se in quello stesso momento le chiedevo se voleva andare a Jaddico, la risposta era “Si!”

     Quando ti presenterai al Signore, le dicevo, devi essere perfetta. Quando Lui ti vedrà, ti deve dire che per te c’è il Paradiso. Ti devi preparare, mamma, devi essere pronta, le dicevo. In questo modo sono stati vissuti gli ultimi anni della sua vita.

Dio aveva su di lei un progetto d’amore. Soprattutto negli ultimi suoi anni di vita aveva accettato quella sua malattia, ed anche il fatto che iniziava a perdere completamente l’uso delle gambe, come imitazione di Cristo. Capiva, sapeva che quel suo stato lo poteva trasformare in preghiera.

Aveva una forte sensibilità verso gli ammalati.

Aveva ormai deciso di andare, senz’altro sentiva la necessità di una vita nuova, dove non avrebbe più trovato né il pianto, né il lutto, né grida di dolore, ma avrebbe trovato Dio, ed anche il suo uomo, il suo Teodoro che le mancava ormai da quattordici anni .

     Un pomeriggio, uno dei suoi ultimi, appena uscito da lavoro, sono subito andato a trovarla. Stava male, tanto male, che nemmeno riusciva a parlare.

Preghiamo, le ho detto. Sapevo che potevo non chiederlo. Bastava iniziare.

Ho pensato che il rosario le sarebbe costato tanta fatica, invece un po’ più leggera la preghiera della Coroncina della Divina Misericordia, dove Gesù stesso dice che se questa preghiera viene recitata vicino ad un’anima agonizzante, Lui, nell’ora del giudizio, non si renderà giudice ma avvocato. E alla prima parte della preghiera dove si dice: “Per la sua dolorosa passione”, lei rispondeva: “Abbi misericordia di noi e del mondo intero: ma si riusciva a malapena a sentire la parola misericordia. Una parola detta con uno sforzo enorme, unica forza la sua volontà, quella di una figlia che sa di andare incontro al Padre.

Il 19 luglio 2007 muore. Ma questo non è esatto, perché anche sul suo marmo, come già per Teodoro, leggiamo, questa volta al plurale: “Siamo nella vita”.

     Dico grazie, alle mie sorelle, per avermi aiutato nella memoria.

 

                                                                                                                                  tonino