Le foto pubblicate questo mese portano un errore nella data e nell'orario, ma appartengono al 27 marzo 2014.

 

Ormai è uno dei nostri. Francesco è il nome di questo bellissimo giovanotto che da parecchi mesi, assieme a suo fratello Alessandro, viene in pellegrinaggio con noi.

Lo ha potuto fare anche oggi, che si pensava dovessimo essere in pochi, perchè le previsioni del tempo ci dicevano che ci sarebbe stata pioggia e temporale.

 

Ha proprio piovuto tanto, anzi tantissimo. Chi nella mattinata, come me, ha dovuto uscire da casa, ne è tornato zuppo fradicio. Per poter capire la portata della pioggia, dico che questa mattina ho visto in città, alcuni tombini della fogna che sono scoppiati e un grosso topo sembrava essersi smarrito, si muoveva con poca disinvoltura. Era uscito proprio dai tombini della fogna, per non rimanere affogato.

Intorno alle 10.00 mi ha telefonato Riccardo per chiedermi se ci sarebbe stato ugualmente il pellegrinaggio, e naturalmente gli ho risposto di si, dicendogli che non saremmo stati in 100, ma lo avremmo fatto comunque.

Dopo aver fatto pochi passi, ho incontrato Pino, il quale mi ha fatto la stessa domanda, e io gli ho detto che le previsioni dicevano che a Brindisi avrebbe spiovuto per le 15.00, e cioè appena mezz'ora dopo la partenza, per cui non ci sarebbero stati problemi. Invece molto prima di mezzogiorno abbiamo avuto la sorpresa di vedere cambiare il tempo e il sole fare da padrone.

Eravamo molto più di 100.

Penso che la Madonna incoraggia questo pellegrinaggio. Lo vuole.

 

 

RACCONTI DI UN PROFUMO MISTERIOSO CHE SI ESPANDEVA NELL'ANIMA

 (tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

 

 

I devoti che nei primi anni sessanta venivano a pregare davanti al muro di Jaddico sapevano che poteva accadere di assistere alla manifestazione di fatti straordinari che la pietà popolare attribuiva all'intervento della Vergine Maria: la luce che nel buio della notte illuminava dall'interno il muro e l'affresco, i “voli” di Teodoro, la quiete nel respiro della natura, l'acqua, le stelle... e quel profumo misterioso, indefinibile, che alcuni dicevano di gelsomino, altri di viole, tuberose, ciclamini, che si faceva sentire all'improvviso e si espandeva nell'anima, e aveva questo di strano, che non tutti lo sentivano, e di due persone che si trovavano l'una accanto all'altra era possibile che una l'avvertisse, l'altra no.

“E' durato anni -dice Elisabetta Rescio-. Per anni siamo venuti di sera a Jaddico, tutte le sere, a dire il rosario. Sai dove sentivano anche il profumo? Sul ponte dove la Madonna aveva detto a Teodoro di cercare l'acqua. Il profumo che si sentiva salire da laggiù era una cosa da pazzi. Lo sentivamo anche in macchina quando da Jaddico ce ne tornavamo a casa”.

“Una sera mentre noi dicevamo il rosario -ricorda Angela Stasi di Cisternino- si affacciò un prete, don Antonio Carella, che era in compagnia del professore Del Sordo; il profumo quella sera lo avvertivano in molti ed era forte. Anche loro due lo sentivano, che andava e veniva, ma erano scettici.

“Siete voi -dicevano alle donne- siete voi che portate il profumo!” e si avvicinavano, annusavano e poi se ne andavano a cercare altrove, ma inutilmente. Insomma -continua Angela- il fenomeno durò tanto tempo e noi non riuscivamo a staccarci, ad andarcene a casa, perchè in qualche modo quel profumo ci tratteneva: sentivi come la presenza di qualcuno che non potevi lasciare, come se ci fosse stata presente la Madonna che ci passava davanti.

Un'altra sera -ricorda ancora- stavamo in preghiera tutti insieme, e di nuovo don Antonio dice: “Ma voi state sentendo un profumo?” Questa volta proveniva dall'esterno, si manifestava fuori all'aperto, era intenso, bellissimo, di ciclamino, e non ce l'aveva addosso nessuno. Era il profumo della Madonna”.

Raccontavano i fratelli Consales (Mario e Ugo) che una volta – era l'inverno del '63 – decisero di fare un salto a Jaddico dove si cominciava a costruire la chiesa. Si mettono in macchina con le rispettive mogli (Edda e Carla) e partono. Potevano essere le quattro del pomeriggio. A quell'ora pensavano di non trovarci nessuno, ma quando furono sul posto videro la macchina di Teodoro posteggiata. Lui però non c'era. Lo cercarono, poi scesero piano piano verso il muro e lo trovarono dentro la baracca, quasi lo sorpresero, mentre tutto solo era intento a pulire i lumi, i due lumi di ottone che si appendevano sotto il quadro della Madonna. Era imbambolato, come in trance, non li aveva sentiti arrivare, ed era inondato di profumo.

“Un profumo meraviglioso -ricorda Carla Codutti- che se lo sentissi ora, che sono passati più di quaranta anni, saprei riconoscerlo. E' lo stesso profumo che sentii la sera della mia prima “illuminazione”, quando la luce si spense e Teodoro venne da noi. Era inondato di un profumo soave che gli usciva persino dalla bocca. Quando lo abbracciai, sentii che profumava tutto. Un profumo che era di tuberose, un insieme di essenze di fiori, ma intenso”.

“Ero ragazzo – ricorda Claudio Consales, figlio di Mario – ma posso essere preciso perchè ho vissuto quei fenomeni e li ricordo. Era un profumo intenso, floreale, che si presentava sovente nelle circostanze più disparate, e non era assolutamente paragonabile ai profumi in commercio in profumeria; ma posso affermare che la fonte di quel profumo era Teodoro. Quando mi avvicinavo a lui tante volte lo sentivo proprio pregno. Mi è rimasto in mente. Un profumo così non l'ho mai più sentito in vita mia. Ricordo che una volta mio padre restò molto colpito per l'intensità del profumo in un giorno in cui ci fu molta neve, in pieno inverno; in una giornata di neve così non potevano esserci nemmeno profumi di campagna”.

La testimonianza di Vittorio Stasi di Mesagne dimostra che le fonti potevano essere anche altre e che il profumo a volte si muoveva per altri sentieri. Era la primavera del 1963. Un giorno raccolse un fascio di rose dal suo giardino e nel tardo pomeriggio si recò da solo a Jaddico.

Mentre era lì che si guardava intorno, si sentì improvvisamente come svuotato di ogni cosa e avvolto da un profumo “immenso”.

“Guardavo dappertutto per individuarne la fonte - racconta – ma gli unici fiori che c'erano, a parte quelli che avevo portato io, erano secchi ed io ero solo. Camminai lungo il canale che tuttora passa vicino alla chiesa: un acquitrino, uno stagno popolato di rospi e ranocchie. L'acqua del canale era puzzolentissima. Proprio lì vicino fui colpito da una seconda ondata di profumo meraviglioso. L'acqua puzzolente si trasformava in profumo”.

Anche nei giorni seguenti continuò a sentire quel profumo in varie circostanze: o lavorando in campagna oppure andando in macchina. Questo fenomeno lo accompagnava spesso nel corso della giornata e lo portava a riflettere sull'insieme di quegli eventi e a legarsi sempre di più a quell'esperienza di preghiera; tanta era ormai la devozione per la Madonna di Jaddico che non perdeva occasione per parlarne con amici e parenti.

Ma c'era una signorina tra le sue conoscenze di Mesagne, iscritta all'azione Cattolica, che si dimostrava incredula; diceva anzi che quella di Vittorio Stasi era ormai una fissazione. Questo scetticismo, a quel tempo, era atteggiamento comune a molti preti e religiosi. ”Solo un prete – dice Vittorio – uno solo, tra quelli di Mesagne, si era espresso subito a favore di Jaddico, e questo fu l'arciprete don Daniele Cavaliere”.

Un giorno quella signorina accettò di andare a Jaddico con Stasi. Con loro c'erano altre due ragazze. Mentre si pregava, ricorda Vittorio, una delle due ragazze diventava sempre più pallida e tendeva ad assentarsi come se andasse in estasi. Vedendola in quella maniera, le altre ebbero paura, la scossero e le chiesero cosa stesse accadendo.

“Il profumo – rispose quella quando riuscì a parlare -, il profumo mi soffoca”.

Le altre invece non lo sentivano, ma si commossero fino alle lacrime, ed anche la signorina incredula fu toccata nel cuore e credette”.