BRINDISI: RIGASSIFICATORE E SICUREZZA

Pubblicato su Euromediterraneo - 15 marzo 2008 N. 1

Pubblicato sul sito di Legambiente Brindisi

 

Sono giorni decisivi per la realizzazione del rigassificatore nel porto di Brindisi; la Società Brindisi LNG s.p.a. ha presentato lo studio di impatto ambientale, che dovrebbe dimostrare la compatibilità dell’impianto con il sito prescelto, ma la Direzione generale per la salvaguardia ambientale del Ministero per l’Ambiente ha reso noto che tale studio dovrà essere completamente rifatto.

Enti, associazioni varie e cittadini, stanno, comunque, esaminando tutta la documentazione presentata, consultabile sul sito dell’Amministrazione Provinciale di Brindisi e sul sito della Regione Puglia, per cercare le risposte ai tanti quesiti.

I dati relativi all’impianto, se dovesse essere realizzato come previsto, sarebbero imponenti: avrebbe una capacità di 6 milioni di tonnellate/anno e fino a 8 miliardi di metri cubi/anno di gas immesso in rete. L’area occupata, ben 150.000 metri quadrati, rinvenuta da una colmata dello specchio di mare nel porto di Brindisi, di fronte al Castello Alfonsino, dovrebbe essere attrezzata con un pontile, che si protenderebbe in mare per 480 metri, al quale attraccherebbero le navi metaniere con stazza di 70.000 fino a 170.000 tonnellate, per un totale di circa 100 navi l’anno.

Di conseguenza verrebbero costruiti due serbatoi, ciascuno dei quali avrebbe un diametro di 82 metri e una altezza di 50 metri per una capacità complessiva di 320.000 metri cubi di gas.

Il gas trasportato dalle navi metaniere in fase liquida, ad una temperatura di – 160° C circa per ridurne il volume specifico, verrebbe rigassificato, utilizzando il calore dell’acqua del mare, prelevata e rimessa nel porto, raffreddata con un salto termico di circa 6° C e clorata per evitare fenomeni vegetativi. Enorme il prelievo di acqua di mare, 25.000 metri cubi/ora con punte di 26.700 metri cubi/ora, la potenza elettrica richiesta di 34-36 Mw per i vaporizzatori e 19 Mw per il terminale, una torcia alta 40 metri con la funzione di sistema di sicurezza per gli scarichi occasionali di gas.

 

Su tutto questo si ha il dovere di riflettere!

 

La sola provincia di Brindisi produce i 2/3 della produzione elettrica della Puglia, il 22% della produzione dell’intero Mezzogiorno, il 7% circa della Produzione nazionale. Non solo, il polo energetico brindisino sarà potenziato, non solo con il rigassificatore, ma con la costruzione di nuove centrali eoliche, centrali fotovoltaiche, con l’arrivo di elettrodotti dalle coste Balcaniche, con il metanodotto proveniente dalla Turchia.

 

Il Consiglio dei Ministri, con Deliberazione del 30 novembre 1990 ha dichiarato “Aree ad elevato rischio di crisi ambientale” i territori che ricadono nei comuni di Brindisi, Carovigno, S.Pietro Vernotico e Torchiarolo e tale rischio è stato rinnovato sempre dal Consiglio dei Ministri con Delibera del 11 luglio 1997. L’area di rischio ha già una estensione pari a più di ¼ della provincia di Brindisi, per una superfice di circa 512 chilometri quadrati e negli anni novanta non si parlava ancora di rigassificatore e degli altri impianti a rischio, poi realizzati o ampliati nell’area industriale.

 

La normativa relativa ai vincoli militari e aeroportuali vincola il tratto di costa da Punta Penne a Punta della Contessa, come area militarmente importante, in cui ogni opera deve essere autorizzata dal Comandante territoriale. Non solo, lo spazio aereo antistante il porto e l’aeroporto è interessato da tre vaste zone soggette a restrizioni per esercitazioni.

L’intero impianto di rigassificazione, inoltre, verrebbe costeggiato dal cono di atterraggio aeroportuale, ritrovandosi a poca distanza dalla colmata di 62.000 metri quadrati prevista a Capo Bianco, sulla quale saranno costruiti depositi di carburanti. Le navi mercantili, passeggere e militari, dovrebbero transitare davanti il molo del rigassificatore, e quindi in vicinanza delle navi gasiere ormeggiate, per raggiungere le banchine del porto medio e la base navale militare.

 

Il terminale previsto rientra nelle attività di rischio rilevante e l’Ispettorato Regionale Puglia dei Vigili del Fuoco ha rilasciato il Nulla Osta di Fattibilità al progetto, il 18 ottobre 2002, ma non sono state ancora fornite le informazioni aggiuntive richieste, che dovrebbero essere fornite nel Rapporto di Sicurezza Definitivo sviluppato in base al Progetto particolareggiato.

 

Nella Sintesi dell’Analisi di rischio dello Studio di Impatto Ambientale presentato, si legge testualmente: “nessuno degli ipotetici scenari di fuoriuscita di gas presso il sito considerati credibili (definiti in questo caso come eventi ricorrenti con una frequenza di più di una volta in un milione di anni) dispongono del potenziale per avere un impatto sulle aree esterne al Terminale”.

Ed ancora: “nessun incidente ha mai coinvolto la popolazione. Nessun incidente ha mai interessato i serbatoi di stoccaggio”, e “ possibilità remota che la gasiera possa subire un incidente marittimo”.

 

Il diffondersi di notizie disastrose e spaventose, conseguenti ad incidenti derivanti da gasiere e da rigassificatori, pone in evidenza la necessità di chiarezza, risposte certe e scientificamente validate, informazione, formazione e consapevolezza delle popolazioni, senza trascurare il buon senso e la prudenza. L’effetto “domino” del rigassificatore sugli impianti vicini e viceversa, è di notevole complessità, che gli studi accurati e le moderne tecnologie non sono in grado di ridurre l’elevato rischio di incidente rilevante. Brindisi ha subito negli anni molti incidenti , che per fortuna non hanno avuto conseguenze disastrose per la popolazione. Nella prima guerra mondiale la corazzata “Benedetto Brin” esplose letteralmente nel porto, il 7 dicembre 1977 ci fu lo scoppio del Petrolchimico e poi l’incendio della nave gasiera Val Rosandra nel 1990, in cui si distinsero i Vigili del Fuoco, e l’attentato all’impianto della Costiero Adriatico. Le interazioni con gli altri impianti esistenti e soprattutto con il cono di atterraggio aeroportuale (la maggior parte degli incidenti aerei avvengono in fase di decollo e atterraggio), la perdita di gas e la formazioni di miscele esplosive, devono trovare risposte esaurienti.

L’intero impianto del terminale di rigassificazione è pericoloso, tanto è vero che rientra nella legge Seveso, mentre la Valutazione di Impatto Ambientale deve tener conto, anche in base alla legge 108 del 2001, della informazione e della consultazione della popolazione. Ciò non è avvenuto. Brindisi, come Livorno, Trieste e Taranto sono sottoposti al Decreto Legislativo 230/95 che prevede un’informazione alla popolazione sui piani di emergenza e secondo le “Linee Guida” per l’informazione in tema di rischio industriale secondo il D.P.C.M. del 16 febbraio 2007. Ciò non è avvenuto.

 

“Il Giornale dell’Ingegnere”, edito dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, nel n. 11, del 15 giugno 2007 riporta un articolo a firma dell’Ing. Giovanni Manzini, riguardante una simulazione di incidenti su una nave metaniera, in relazione al rigassificatore che si vuole realizzare a Taranto e con riferimento al “Sandia Report”, (“Guidance on Risk Analysis and Saafety Implications of a Large Liquefied Natural Gas (LNG) Spill Over Water”, elaborato dai Sandia National Laboratories di Albuquerque (New Mexico) e Livermore California), per la United States Department of Energy’s National Nuclear Security Administration). Nella simulazione è stato ipotizzato, scrive l’Ing. Manzini, “l’impatto di un incendio, sviluppatosi a partire da una perdita di gnl da una nave metaniera, sulla raffineria AGIP sita in prossimità del porto e sul rigassificatore che dovrebbe sorgere a circa 800 metri dalla stessa”, ed ancora “tale scenario prevede la fuoriuscita di circa un decimo del gnl trasportato dalla metaniera, a causa di un incidente o di un atto terroristico, che produca una grave perforazione allo scafo. Al posto di una nube infiammabile di circa 3.800 metri di diametro è stata ipotizzata una forma ellittica equivalente di 4.400 metri di lunghezza e 2.850 metri di larghezza, frutto della deformazione impressa da un vento che spirasse da ovest a est e che spostasse (tale nube) nella direzione della raffineria AGIP, all’interno della quale vi sono delle fonti di ignizione permanenti, costituite dalle due torce sempre accese. In particolare è stato considerato il rischio del cosiddetto “effetto domino”, ossia la propagazione di un incidente rilevante ad altri insediamenti limitrofi (effetto a catena), che, in questo caso, consisterebbe nella propagazione dell’incidente anche al rigassificatore posto a 775 metri dalla raffineria stessa”. Ed ancora, “La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton …. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in <piccole dosi>, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni. Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile”.

 

Lo stesso Giornale, nel n. 19 del 15 novembre 2007 riporta un articolo molto interessante, a firma di Davide Canevari, con le nuove tecnologie per il trasporto del gas e per superare le resistenze delle popolazioni interessate; le navi gasiere di nuova generazione sono attrezzate per rigassificare il gas trasportato, immettendolo direttamente nei metanodotti. Questa tecnologia è alternativa ai rigassificatori; è già realizzata e risponde all’acronimo LNGRV, ovvero Liquefied Natural Gas Regassification Vessel. Le navi gasiere, dotate di stadi di rigassificazione a bordo, una volta raggiunta la destinazione, possono scaricare il gas allo stato aeriforme, anche a molta distanza dalla costa, tramite un terminale di ricezione. A terra non sono necessari né il rigassificatore, né pericolosi depositi. La compagnia americana EXCELERATE ENERGY è la prima ed unica ad applicare questa tecnologia su scala commerciale, già dal 2005. Le navi, costruite dalla coreana Daewoo Shipbuilding Marine Engineering, arrivano fino a 150.000 metri cubi e si prevedono in esercizio, nel 2010, ben 7 navi, con una capacità complessiva di 1 milione di metri cubi di GNL. Il maggior costo di queste navi sono compensati dal minor costo degli impianti a terra. Questa tecnologia favorisce la sicurezza, l’ambiente, l’innovazione e la competività.

Perché, allora, insistere sulla tecnologia dei rigassificatori a terra, pericolosissima e che condiziona pesantemente lo sviluppo del porto? Il terminale per le navi va costruito al largo della costa e la colmata già realizzata nel porto brindisino potrebbe essere utilizzata per i traffici commerciali, favorendo opportunità di sviluppo economico diversificato e alternativo.

Le proteste e il rifiuto delle popolazioni brindisine non derivano dalla “sindrome del Nimby”, ma dalla mancanza di risposte rassicuranti, che non possono essere date. Non servono montagne di carte per dimostrare ciò che non si può dimostrare. Quale è, per esempio, lo scenario che si presenta in seguito ad una caduta di un aereo? Il 15 febbraio scorso è avvenuto l’atterraggio di emergenza dell’aereo di Stato portoghese, a bordo del quale c’era il Presidente Silva. Quali sono gli scenari in seguito ad un effetto “domino” con i pericolosissimi impianti esistenti nell’area industriale? Cosa prevedono i relativi piani di sicurezza interni ed esterni? Per quale motivo i rigassificatori vengono costruiti al largo della costa e a Brindisi, invece, a poche centinaia di metri dalle abitazioni e dagli altri impianti a rischio di incidenti rilevanti? E perché non è prevista la tecnologia LNGRV con la rigassificazione del GNL a bordo alle navi?

Notizie, spesso incontrollate e sui siti internet, sono da considerare come terrificanti. In un sito si descrive un inquietante Rapporto della Commissione Energetica della California del luglio 2003, di uno studio preparato per il Pentagono nel 1982, secondo il quale l’energia sprigionata da una gasiera, con un serbatoio di 125.000 metri cubi, sarebbe equivalente a 55 bombe di Hiroshima. Ed ancora, secondo “Science and Environmental Policy Project” “l’esplosione di una gasiera di GNL è simile ad una esplosione nucleare”. Si descrivono incidenti all’impianto di Cleveland (USA) nel 1944, di Skikda (Algeria) nel 2004. Queste notizie, insieme ad altre non certo tranquillizzati, in relazione ad atti terroristici, preoccupano i cittadini ed è necessario riesaminare l’ubicazione del sito, soprattutto tenendo conto della vicinanza della città, degli altri impianti a rischio di incidenti rilevanti e del cono di atterraggio aeroportuale. Ed intanto, bisogna rifare lo studio di impatto ambientale, che dovrà dare risposte certe a tutte queste problematiche e tener conto della volontà della popolazione.

 

 

VITO MAELLARO