L’opera dell’uomo a danno del porto

L’opera dell’uomo a danno del porto di Brindisi, pare che sia destinata a perpetuarsi nel tempo senza possibilità di scampo. Uno dei tanti episodi, per fortuna non attuato, l’eliminazione del porto interno.

 

Il 3 gennaio del 1825 moriva improvvisamente Ferdinando I gli successe il duca di Calabria, Francesco I le cui condizioni finanziarie fecero si che poco potesse occuparsi degli affari del regno

 

Brindisi perdeva le speranze su tanti progetti e studi fatti e nel 1827. Il Direttore Generale del Ministero degli interni Afan de Rivera in un rapporto al Sovrano, fece conoscere si i pregi del porto di Brindisi, ma principalmente i danni prodotti in questo porto dalle mani dell’uomo.

 

Nel maggio del 1828 le spese per il miglioramento del porto di Brindisi passarono dal ministero della marina a quello dell’interno, allora il direttore De Rivera ottenne i fondi per i lavori di scavo del canale Pigonati e la direzione dei lavori affidata all’ingegnere Lorenzo Turco.

 

Intanto era sorta una contesa fra Gallipoli e Brindisi. Gallipoli pretendeva il rifacimento del suo porto anche con i fondi che potevano essere stanziati per il porto di Brindisi.

 

Il direttore De Rivera ritenne valida la richiesta di Gallipoli proponendo di restringere il perimetro del porto di Brindisi, ed a seguito di una sua gita a Brindisi nel 1829 adduceva che:             “avendo Gallipoli imbarcato olio per tre volte rispetto Brindisi il dazio di 2 grana per ogni staio di olio esportato erano stati vantaggiosi per il regno”.

 

In detta gita, di appena 24 ore, probabilmente atterrito per la puzza prodotta dagli scavi del porto, e qualche pizzico di zanzara, consigliava agli amministratori della Città di Brindisi “di non pensare più all’esistenza della loro città e del loro porto, di costruirsi una città, ove trapiantare le loro tende e trasportare i loro penati, distante da questa, lasciando la vecchia ai coloni, e riempiendo la secche del porto interno per piantarvi alberi”.

 

Ai suggerimenti del direttore de Rivera aderirono l’ispettore generale Giuliano de Fazio ed il ministro dell’interni Santangolo, ma finanche il consiglio principale caldeggiarono la causa di Gallipoli.

 

Come un grido di dolore il 20 ottobre 1829 si alzò la voce dell’ingegnere Lorenzo Turco asserendo: “che come Ravenna già celebre porto dei Romani, il porto di Brindisi parea dovesse scomparire, conservando un posto distinto nella storia. Benedette fazioni di partiti ! e quali errori, a quali dannosi consigli spingono tavolta l’animo umano. E tu, città di Brindisi, eleva pure grazie di cuore alla provvida natura che ti ha collocato in una postura topografica per ogni riguardo eccellente e che ti ha favorito di un si magnifico porto; ma maledici l’opera dell’uomo che, intendendo o per ignoranza o per malo consiglio a modificare l’opera della natura, a quasi sempre congiurato a tuo danno”.

 

Contro le dannose proposte del de Rivera, sorse a difesa della sua città il barone Francesco Antonio Monticelli che insieme con Benedetto Marzolla con validi argomenti, contro il porto di Gallipoli e l’assurdo restringimento del porto di Brindisi,  pubblicarono: Difesa della Città e porto di Brindisi - Napoli 1832, mentre l’anonimo G.M. pubblicava: Esame critico delle osservazioni  sul ristabilimento del porto di Brindisi date in luce dal Signor Giuliano De Fazio. - Napoli 1834

 

La Consulta Generale riconobbe fondato e giusto l’allarme dei Brindisini e Ferdinando II, con decreto reale del 10 novembre 1834, nominò una commissione ispettiva con l’ordine di recarsi a Brindisi affinché si compilasse un progetto definitivo il più utile sotto il triplice aspetto politico, militare e commerciale.

 

Oggi si chiede aiuto a Lecce affichè a Brindisi oltre all’Aereoporto del Salento, l’Università del Salento,la Provincia del Salento, Cpitale dell cultura del Salento anche il Porto sia del Salento, rimanendo solo separate le Città che potrebbe diventare la Città del Salento con un unico Sindaco quello di Lecce.

 

 

                                                                       Aldo Indini – Cultore di storia locale