Pubblicato su”EUROMEDITERRANEO” n. 129 del 1 maggio 2008

 

Imprenditori brindisini:

I NUOVI EMIGRANTI

 

I nuovi emigranti sono i piccoli industriali e artigiani brindisini, a causa della situazione assurda e kafkiana, che si è venuta a creare nella zona industriale in seguito ai siti inquinati; in pratica non si possono autorizzare nuovi insediamenti produttivi, con la conseguente paralisi di ogni attività. E’ una paralisi che dura ormai da 10 anni, con risvolti negativi per l’intera città di Brindisi e particolarmente per gli industriali, per le imprese, per i lavoratori e per le attività indotte.

Finalmente, con molto ritardo, le Autorità competenti si sono accorte dei danni subiti dalla città e stanno cercando di intervenire attraverso un Accordo di programma. Sull’argomento si è tenuta una Tavola rotonda avente per tema: “Brindisi e le opportunità di sviluppo”, cui hanno partecipato il dott. Mascazzini, direttore generale del Ministero dell’Ambiente, il sindaco di Brindisi, il Presidente dell’Amministrazione Provinciale, il Presidente degli industriali brindisini dott. Marinò, rappresentanti sindacali, l’ing. Rossi della Confindustria Nazionale. Le relazioni svolte si sono incentrate sul Decreto Ministeriale 471/99, avente per oggetto la “Caratterizzazione dei Siti” e le relative bonifiche. Molto numeroso è stato il pubblico intervenuto, oltre duecento partecipanti, composto da tecnici, sindacalisti, imprenditori, il che testimonia l’interesse per un argomento di vitale importanza, che ha costretto molti industriali a fuggire verso altri lidi. Molte aziende hanno dovuto rinviare i propri investimenti, molti lavoratori hanno dovuto emigrare o vivere stentatamente per mancanza di occupazione.

Purtroppo e’ stata tracciata una perimetrazione della zona industriale molto approssimativa e penalizzante, con un criterio applicativo molto superficiale, per cui chi intendeva realizzare opifici su suoli precedentemente coltivati a vigneti, carciofeti, ortaggi ed altro, è stato trattato come le grosse multinazionali, che hanno riversato nell’ambiente enormi quantità di inquinanti. Le operazioni di caratterizzazioni sono a carico dei proprietari dei suoli, con costi esagerati e oneri indefiniti e indefinibili per le operazioni di bonifica e poi tempi lunghi, non determinabili, con procedure incerte.

Nel corso della “tavola rotonda” è stata posta al Dott. Mascazzini una domanda precisa sui tempi necessari per la caratterizzazione dei siti.

Sino ad oggi si è parlato della durata di 18 mesi, ma quando tutto va bene e le analisi non rilevino la presenza di sostanze inquinanti, di mesi ne trascorrono anche 24.

Se il terreno o la falda acquifera dovessero risultare inquinati da una percentuale di inquinanti superiori a quelle stabilite dal Ministero dell’Ambiente, allora le cose si complicano e bisogna cominciare a contare gli anni e non i mesi.

Finalmente ci si è accorti che questo sistema non poteva reggere.

Si spera che l’Accordo di Programma cambi qualcosa: che riduca sia gli oneri a carico dei proprietari dei suoli, sia i tempi.

Per il mondo dell’Industria, anche 18 mesi sono troppi. In 18 mesi gli impianti già progettati, diventano vecchi. Le tecnologie cambiano. Gli investimenti programmati diventano antieconomici, cambiano gli equilibri, cambiano i protagonisti, cambiano i programmi e Brindisi rimane immobile, statica, povera, desertica, come lo è in questo momento.

 

E’ stato concesso a due grandi industrie il Nulla Osta all’insediamento. Bene, ma della zona industriale di Brindisi fanno parte anche centinaia di piccole aziende, che sopravvivono fra mille difficoltà, ed altre centinaia che vorrebbero iniziare; sono dissuase dai costi e dai tempi. Bisogna pensare anche a queste aziende e soprattutto ai tanti imprenditori brindisini, che costituiscono la maggioranza degli operatori della nostra zona industriale.

Brindisi deve crescere rispettando l’ambiente, risanando quanto inquinato e programmando seriamente attività sane, ma è necessario essere più pratici, diminuendo decisamente costi e tempi!

Gli imprenditori brindisini si sentono isolati e abbandonati, eppure basterebbe una perimetrazione delle aree limitate alle sole aziende che hanno inquinato, una diversità di trattamento tra i suoli prima dedicati all’agricoltura e quelli già inquinati da precedenti insediamenti, una diminuzione dei costi della Caratterizzazione, una drastica e sostanziale riduzione dei tempi necessari sia per la Caratterizzazione, che per la eventuale bonifica.

Bisogna rendersi conto che se gli Imprenditori brindisini non possono operare nelle stesse condizioni dei cugini leccesi e baresi e di tutti gli altri imprenditori italiani, allora non bisogna meravigliarsi se Brindisi resterà sempre in fondo a tutte le classifiche nazionali.

 

VITO MAELLARO