ANALISI STORICA DELLA VITA REALE DI GESU’, DETTO IL CRISTO E DELLA MOSTRUOSA QUANTITA’ DI SANGUE CHE IL POPOLO EBREO HA VERSATO A CAUSA DELLA SUA MORTE SULLA CROCE.


di Antonio TRONO

Chi era Flavio Giuseppe? (parte 1)

Tito Flavio Giuseppe, nato a Gerusalemme attorno al 37 d.C. e morto nell’anno 100 circa, è stato uno scrittore, un politico, uno storico ed un militare Romano di origine Ebraica.

Nella sua opera “Antichità Giudaiche”, narra la storia del popolo Ebraico, dalle origini, fino all’epoca immediatamente precedente la guerra Giudaica del 66-70 d.C..

Essa contiene anche il cosiddetto “Testimonium Flavianum”, ovvero un breve passo che si rivela utile alla storia che intendo raccontare.

Anano, Sommo Sacerdote, ritenendo che l’occasione fosse favorevole in quanto Fasto era morto ed Albino ancora in viaggio, convocati i Giudici fece comparire davanti a loro il fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo ed alcuni altri. Dopo averli accusati di avere infranto la legge, li consegnò loro perché fossero lapidati.

Noi Cattolici Romani, seguaci di Cristo del XXI secolo; nati e cresciuti nello spirito del cuore della religione cristiana, crediamo che Gesù sia il Figlio prediletto di Dio, per come chiaramente si evince dalla lettura dei Vangeli (Matteo 3.11, Marco 1.9 e Luca 3.23). Siamo indottrinati alla  parola dei quattro Vangeli, attribuiti  a Luca, Matteo, Marco e Giovanni, discepoli del Cristo, quelli che il Vescovo di Lione, Ireneo, nel II secolo d. C. stabilì che fossero tra i tanti Vangeli esistenti, i detentori della Parola di Gesù.

Sappiamo, perché insegnatoci, sin dall’infanzia, che per il suo battesimo, Gesù si recò presso il fiume Giordano, da Giovanni, quando, appena uscito dall’acqua, si aprirono i cieli e si vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui ed una voce dal cielo dire: “Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto” . 

Tanto basta per rilevare la Sua natura divina, mentre per la Sua natura umana, la dottrina Cristiana, ci narra, attraverso il Vangelo di Giovanni, di quando Gesù dalla Croce, rivolgendosi al discepolo “che egli amava” (forse lo stesso evangelista Giovanni) gli dice: Ecco tua madre 19.25 e con ciò testimonia che presso la Croce di Gesù, vi era solo Sua madre, la sorella di Lei, Maria di Cleofa e Maria di Magdala e non vi erano fratelli o sorelle, mentre nel Vangelo di Matteo, nei Parenti di Gesù 13.4, si fa esplicito riferimento ai fratelli di Gesù, così dicasi in quello di Marco nella Famiglia di Gesù 3.21 ed in quello di Luca nei Parenti di Gesù 8.14.

Solo il Vangelo di Giovanni testimonia quindi che Gesù, non aveva fratelli e sorelle.

Flavio Giuseppe, storico, pagano, risulta quindi degno di fiducia per la sua imparzialità. Nato a pochi decenni di distanza dalla morte di Gesù, può aver convissuto o almeno conosciuto, persone imparentate con Gesù stesso, ed abbia appreso  che non ha avuto fratelli.

Volendo praticare il diritto umano allo scetticismo circa i racconti degli atti e degli episodi della Sua vita, per come ci sono stati narrati, anche, dai Vangeli, e per amore della ricerca della verità storica, voglio inoltrarmi nei meandri oscuri della storia della vita vissuta da Gesù, per conoscere e sapere chi Egli era nella realtà e come ebbe a vivere realmente la Sua vita.

Questo essenzialmente perché gli albori del Cristianesimo rimangono ancora, dopo duemila anni, un buco nero per gli studiosi, a causa della scarsa veridicità dei fatti accaduti. 

Anche se non possiamo essere certi che molte delle cose raccontate siano davvero accadute in Terra Santa, in quella così lontana epoca, una cosa la sappiano di sicuro: nessuno dei quattro Vangeli che compongono il Nuovo Testamento è stato scritto dai contemporanei di Gesù.

Il più antico dei quattro, è il Vangelo di Marco e fu, quello che noi diciamo essere il Vangelo di Marco, dato che non sappiamo neppure chi lo abbia realmente scritto. Al tempo era abbastanza frequente la pratica di attribuire le opere scritte a persone famose e si ritiene che l'autore l'abbia scritto almeno quaranta anni dopo la morte di Gesù.

Allora, non esistevano giornalisti che intervistavano la gente, non vi era la televisione, né le videoregistrazioni, per cui non si può verificare quante furono le testimonianze oculari di coloro che effettivamente avevano conosciuto Gesù. Non si sbaglia se si afferma che stiamo parlando di storie tramandatesi oralmente, per oltre quaranta anni, senza essere state mai scritte. Quindi possiamo con buona approssimazione pensare che sono storie raccontate da gente incolta e superstiziosa, intorno ad un fuoco la sera.

A rendere più complessa la situazione vi è la storia di come quei quattro Vangeli siano stati inclusi nel Nuovo Testamento. 

Nel corso dei duecento anni successivi alla stesura del Vangelo di Marco, sappiamo che sono stati scritti molti altri Vangeli, con storie di ogni genere sulla vita di Gesù.

Quando quei primi racconti cominciarono a diffondersi tra le comunità sparse nel territorio, assunsero via via tipicità locali influenzate dalle particolari caratteristiche  di ciascuna comunità.

Circolavano decine di Vangeli diversi, spesso in contrasto gli uni con gli altri.

Nel dicembre del 1952, alcuni contadini Arabi stavano scavando per prelevare concime dalle montagne di Jabel al Tarif, nell’Alto Egitto, vicino la città di Nag Hammadi,  dove disseppellirono un vaso di terracotta alto quasi un metro e ottanta centimetri. 

All’inizio esitarono a romperlo, temendo che un “jinn”, uno spirito maligno, potesse nascondervisi dentro. Ma poi lo fecero nella speranza di trovare un tesoro e questo portò ad una delle più stupefacenti scoperte archeologiche di tutti i tempi: dentro al vaso vi erano tredici volumi di papiro, racchiusi in pelle conciata di gazzella.

I contadini purtroppo, non si resero conto del valore del ritrovamento ed alcuni volumi e fogli sparsi finirono bruciati nei forni di casa. Altre pagine andarono perse durante il trasporto al Museo Copto del Cairo. Sono rimasti comunque cinquantadue testi che tuttora sono oggetto di grandi controversie tra gli studiosi della Bibbia, poiché questi scritti, comunemente detti Vangeli Gnostici, riferiscono di parole e convinzioni di Gesù, che sono in contrasto con il Nuovo Testamento.

Tra i testi ritrovati a Nag Hammadi c’era anche il Vangelo di Tommaso che si proclama un Vangelo segreto ed inizia con la frase: ”Queste sono le segrete parole che il Cristo vivente pronunciò, e che il gemello,Giuda Tommaso,trascrisse”.

Allegato insieme a questo Vangelo c’era il Vangelo di Filippo, che parla apertamente della relazione tra Gesù e Maria Maddalena, che viene descritta come discepola ma anche come Capo di un comunità di Cristiani. Poi vi è il Vangelo di Pietro, il Vangelo degli Egizi, il libro segreto di Giovanni. Vi è il Vangelo della Verità di evidente ispirazione Buddista e così via.

Ma la minaccia rappresentata da questi Vangeli, a parte l’attribuzione a Gesù di atti ed affermazioni molto diverse da quelle riportate nei Vangeli del Nuovo Testamento, stava nel fatto che considerassero pie illusioni le più comuni convinzioni Cristiane come la verginità di Maria e la Resurrezione.

Ed ancora peggio: quei testi erano anche tutti scientificamente religiosi e divini, perché nonostante parlassero di Gesù e dei Suoi discepoli,il messaggio che trasmettevano era quello che conoscere se stessi, significava anche conoscere Dio; il che significava che cercando dentro noi stessi la ragione della gioia, del dolore, dell’amore e dell’odio, si trovava Dio.

Il Cristianesimo delle origini, come si può capire, era un movimento illegale e pertanto aveva bisogno di una qualche struttura teologica se voleva sopravvivere e crescere.

La prolificazione dei Vangeli in contrasto tra loro rischiava di condurre a una frammentazione potenzialmente fatale. Occorreva,pertanto una guida,ma era impossibile stabilirla se ogni comunità aveva le proprie credenze ed il proprio Vangelo. 

Così verso la fine del II secolo cominciò a prendere forma una struttura potente. In varie comunità emerse una gerarchia a tre livelli: Vescovi, preti e diaconi che sostenevano di rappresentare la maggioranza dei credenti e di essere i guardiani dell’unica vera fede.

Erano uomini in realtà molto coraggiosi per ciò che cercavano di fare, perché sicuramente preoccupati che, in assenza di una struttura largamente accettata, di regole rigide e di riti, il movimento si sarebbe esaurito.

Bisogna sempre ricordare che a quei tempi, essere Cristiani significava rischiare la persecuzione e la morte, per cui la sopravvivenza stessa della Chiesa si rilevò vincolante per la creazione di qualche forma di ordine.

La situazione si evolse fino al 180 circa, quando, sotto la guida di Ireneo Vescovo di Lione, venne finalmente imposta una teoria unica ed unificata.

Poteva esistere una sola Chiesa, con un solo complesso di credenze e di riti. Tutte le altre teorie venivano respinte come eresie.

La dottrina era chiara e semplice: non esisteva salvezza al di fuori della Chiesa; i suoi membri dovevano essere ortodossi, che significava “retti nel pensiero”; e la Chiesa doveva essere Cattolica, “Universale”.

Quindi la produzione domestica dei Vangeli doveva essere interrotta. Ireneo decise che ci sarebbero stati quattro Vangeli, con la curiosa motivazione che quattro erano gli angoli dell’Universo e quattro i venti principali, perciò dovevano esserci solo quattro Vangeli.

Scrisse un opera in cinque volumi intitolata “Denuncia e computazione della pseudo gnosi”, nella quale dichiarava blasfemi gran parte dei testi esistenti e stabiliva definitivamente che i quattro Vangeli a noi oggi noti, riportavano in modo incontrovertibile la parola di Dio: “infallibile e più che sufficiente per le necessità dei seguaci della fede”.

Nessuno dei Vangeli gnostici, (lo gnosticismo è quel pensiero filosofico religioso,diffusosi nel II secolo d.C., secondo il quale è possibile attingere per via di ragione i motivi più profondi del Cristianesimo), conteneva il racconto della Passione di Cristo, ma i quattro scelti da Ireneo sì. Parlavano della morte di Gesù sulla Croce e della Sua  Resurrezione  e ricollegavano questa storia all’origine del rito fondamentale dell’Eucarestia e dell’Ultima Cena. 

Nella sua primitiva versione il primo dei Vangeli accettati, quello di Marco, non parlava affatto della verginità di Maria, né accennava alla Resurrezione: si concludeva semplicemente con l’immagine della tomba vuota di Gesù e di un giovane misterioso, un essere trascendentale, come potrebbe essere un angelo, che dice ad un gruppo di donne, che Gesù le aspetta in Galilea. Le donne, terrorizzate, scappano via e non lo raccontano a nessuno, il che induce a domandarsi prima di tutto, come abbia fatto Marco, e chiunque abbia scritto il Vangelo, a venirlo a sapere?

E’ soltanto in Matteo, cinquanta anni dopo, e poi in Luca, dieci anni più tardi che le complesse apparizioni dopo la Resurrezione andarono ad aggiungersi al finale originario di Marco, il quale venne quindi riscritto di conseguenza.

Ci vollero altri duecento anni, nel 367, perché l’elenco dei ventisette testi che costituiscono quello che noi conosciamo come il Nuovo Testamento venisse finalmente approvato. 

Alla fine di quel secolo, il Cristianesimo era diventato la religione ufficiale e possedere qualunque testo giudicato eretico veniva considerato un crimine.

Tutte le copie conosciute dei Vangeli alternativi vennero distrutte e bruciate.

Tutte ovviamente, tranne quelle trasportate in segreto nelle caverne di Nag Hammadi, che non danno di Gesù alcuna rappresentazione sovrannaturale.

Vennero banditi, perché in quei testi Gesù appariva ed era semplicemente un saggio vagabondo che predicava una vita nomade e povera, di sincera tolleranza verso tutti gli altri esseri umani. Lui non era sulla terra per salvarci dal peccato e dalla dannazione eterna, ma per guidarci ad una sorta di consapevolezza spirituale. E quando un discepolo giunge all’illuminazione, non ha più bisogno del maestro. L’allievo ed il maestro diventano pari.

Ciò fu un vero rompicapo per Ireneo, il quale risolse tutto facendo distruggere e bruciare tutti i Vangeli, ad eccezione dei quattro Vangeli canonici, quelli che rappresentano Gesù come il nostro Salvatore, il Messia, il Figlio di Dio.

I Cristiani Ortodossi, come pure gli Ebrei Ortodossi, insistono sul fatto che un incolmabile abisso separa l’uomo dal suo Creatore. I Vangeli ritrovati a Nag Hammadi contraddicono questa teoria ed affermano che la conoscenza di sè è la conoscenza di Dio; il Sè ed il Divino sono una cosa sola. Essi, descrivono Gesù come un Maestro, un Saggio illuminato. Lo considerano un uomo, qualcuno che si può e si deve imitare e questo dava molto fastidio ad Ireneo ed ai suoi.

Non poteva trattarsi semplicemente di un uomo, doveva essere molto di più. Doveva essere unico, perché attraverso le sua unicità anche la Chiesa diventava unica, la sola via della salvezza.

Rappresentando in questo modo la Chiesa delle origini poteva affermare che chi non aderiva, chi non seguiva le sue regole vivendo come essa comandava, era condannato alla dannazione.

Fondamentalmente tutto quello in cui i Cristiani credono oggi ed hanno creduto sin dal IV secolo, tutti i riti che osservano, l’Eucarestia ed i giorni santificati, non facevano parte di ciò in cui credevano i diretti seguaci di Gesù.

E’ stato tutto costruito, elaborato e definito molto più tardi: riti e credenze soprannaturali che in molti casi sono stati importati da altre religioni a partire dalla Resurrezione fino al Natale.

Ciò non toglie che il Cristianesimo abbia servito una grande causa quando è stato concepito. Ha dato speranza alla gente, ha fornito un sistema di assistenza sociale, ha contribuito ad abbattere la tirannia. Ha provveduto ai bisogni della comunità.

Quindi bisogna dare atto e confermare che i fondatori della Chiesa, hanno fatto un lavoro eccellente.

I Vangeli sono stati scritti per trasmettere un messaggio spirituale, ma poi si sono trasformati in qualcos’altro. Il loro obiettivo si è fatto più ambizioso: è diventato politico.

Gesù è vissuto in un paese occupato ed in un periodo terribile. A quel tempo l’impero Romano era un mondo di palese disuguaglianza. Le masse erano molto povere ed i pochi eletti immensamente ricchi. Era un tempo di carestie e di malattie. E’ facile immaginare che in quel mondo difficile e violento, il messaggio del Cristianesimo abbia fatto presa. Il suo principio fondamentale, che un Dio misericordioso chiedesse agli uomini di avere pietà gli uni degli altri, anche oltre i confini della famiglia e della comunità, era decisamente rivoluzionario. Offriva ai suoi seguaci, indipendentemente dalla propria origine, una cultura coerente, un senso di uguaglianza e di appartenenza, senza chiedere di abbandonare i legami etnici.

Dava loro una dignità e li rendeva uguali agli altri, a prescindere dal loro ceto sociale. Gli affamati sapevano a chi rivolgersi per essere nutriti, i vecchi e gli ammalati sapevano dove trovare cure e conforto. Ed a tutti era offerto un futuro di immortalità senza indigenza, senza malattie, senza isolamento.

Si generava in questo modo, un nuovo concetto di umanità, un messaggio di amore, di pietà e di comunione in un mondo pieno di crudeltà e dominato da una coltura di morte. 

Ma per confermare il suo aspetto divino da parte della Chiesa, vi è da aggiungere se è vero come è vero che per centinaia di anni dopo la crocifissione di Gesù, non si era parlato mai della sua divinità e dell’idea che fosse il Figlio di Dio, nato da una vergine. Come mai solo nel 325 dopo il Concilio di Nicea, tutto ciò diventa la versione ufficiale della Chiesa?

Forse perché la Chiesa stessa aveva bisogno di qualcosa di speciale, di un punto fermo, in un epoca in cui il soprannaturale era accettato dalla maggior parte della gente, cosa poteva esserci di meglio per promuovere la religione, se non affermava che essa si ispirava non ad umile falegname, ma ad un essere divino che poteva garantire a tutti l’immortalità dopo la vita terrena? Ma a parte tutto ciò, rimane certo che Lui sia stato l’unico capace di coinvolgere la gente fino al punto di rischiare la vita per seguire i Suoi insegnamenti. 

Lui è stato quello che più di tutti ha saputo motivare ed ispirare coloro che Lo circondavano. 

Lui ha influenzato le persone come nessun altro, e loro hanno scritto e raccontato ciò che avevano udito.

Giunto a questo punto, esprimo il mio timido e modesto pensiero sulla personalità di Cristo.

Penso o meglio credo che Gesù si stato un Grande Uomo, una delle persone più importanti vissute sulla terra, un essere umano di grande carisma che ha detto moltissime cose grandiose.

Credo che la sua visione di una società altruista, in cui tutti si fidano l’uno dell’altro e si aiutano sia meravigliosa. 

Ha prodotto tante cose buone per l’intera umanità e lo sta facendo tuttora, con i suoi insegnamenti di amore e comunione che costituiscono le basi dei rapporti umani.

Ma era un essere divino?

Forse si può dire che aveva una specie di visione divina e di illuminazione profetica.

Non mi convincono per niente i fanatici che pretendono di essere gli unici rappresentanti di Dio sulla terra.

Gesù non voleva che la Sua rivoluzione si trasformasse in ciò che è adesso, in uno egocentrismo agghiacciante in cui si è trasformata la società Cristiana e non credo che gli sarebbe piaciuto vedere i suoi insegnamenti tradursi nella fede dogmatica ed oppressiva che si è costruita nel Suo nome, perché Lui combatteva per la libertà e deplorava l’autorità.

Egli, visse al tempo in cui i Romani dominavano la Galilea, che aveva una sovranità nominale in capo al re della famiglia di Erode, che era di sangue Arabo.

A quel tempo, nel territorio della Galilea, vi erano molti Profeti che predicavano l’imminente arrivo di un Messia, che avrebbe assunto il governo di Israele e del mondo intero sino alla fine dei tempi e del Giudizio Universale. 

Ogni Profeta aveva una propria setta religiosa che lo seguiva creando così delle diverse correnti politiche, delle quali,alcune, erano schierate a favore della dominazione Romana ed altre no.

Sicuramente Gesù era uno studente rabbinico capace di guarire la gente con il tocco delle mani. Una volta ricevuto il battesimo, si convinse di essere stato investito dallo Spirito Santo e di essere Lui il Messia.

Divenne un fariseo apocalittico. Era un Ebreo Ortodosso, predicava il rispetto della tradizione della Torah, ma esaltando le prescrizioni del Levitico a favore dei poveri e degli umili. Anzi, esaltò la povertà e l’umiltà, come le vie più brevi per ottenere la salvezza. Ed è proprio per questo che ce l’aveva con farisei, scribi e sadducei allora al potere, rei di avere annacquato i precetti della tradizione religiosa e di avere svenduto il proprio ruolo di guida religiosa del paese, per conservare l’appoggio dei Romani.

A trenta anni andò in pellegrinaggio a Gerusalemme e provocò disordini presso il Tempio. Probabilmente una parte del popolo vide in Lui un punto di riferimento, il simbolo della lotta antiromana, dello zelo religioso e del disprezzo verso i ceti compromessi con i dominatori. Così finirono per considerarlo un sovversivo e cadde nelle mani dei Romani, che lo giustiziarono come ribelle, crocefiggendolo. Poi la sua tomba fu trovata vuota ed i suoi discepoli dissero che era risorto.

Dopo la Sua morte, i suoi seguaci, definiti con il tempo Cristiani, si divisero in due correnti principali, l’una guidata dai suoi parenti ed in particolare da Suo fratello Giacomo il Giusto, già menzionato da Giuseppe Flavio nel suo cosi detto “Testimonium Flavianum” e che fu uno dei Capi più autorevoli della Chiesa primitiva di Gerusalemme, morto giustiziato prima della caduta della città distrutta dai Romani nel 70  d.C. e l’altra da Saul,conosciuto da noi Cristiani come San Paolo.

I primi intendevano rivolgersi ai soli Ebrei, convinti di assecondare così i propositi di Jeshua (Gesù), mentre Paolo si fece fautore della diffusione presso i Gentili e gli incirconcisi. Alla fine la spuntò Paolo, grazie soprattutto alla distruzione di Gerusalemme, durante la rivolta antiromana, che provocò la dispersione della comunità Giudaico-Cristiana e lasciò sopravvivere solo le correnti meno ostili ai dominatori.

Giunto al punto clou della storia e cioè della fine del racconto della vita reale di Gesù, consentitemi un breve spazio per descrivere brevemente i due protagonisti, anzi direi i due artefici della creazione della religione Cristiana, l’uno molto noto, Paolo e l’altro, Giacomo, completamente ignorato, ma che fu il fondatore di quella religione in Gerusalemme, la quale, ebbe a propagarsi nel mondo Greco- Romano, grazie al proselitismo praticato da Paolo.

Giacomo, era il fratello di Gesù. Gli successe come primo Patriarca di Gerusalemme, per poi essere lapidato dal Sinedrio, e lasciare il posto ad un altro fratello o cugino di Gesù, Simone. Giacomo aveva autorizzato l’ingresso nella Setta di uno dei primi persecutori dei Cristiani, Saulo,un fariseo convertitosi dopo un viaggio a Damasco, dove era stato curato in seguito ad una caduta da cavallo da uno dei Maestri della Setta. Come il fratello, Giacomo era assai rispettoso della legge di Mosè, non così Paolo, che non considerava più necessari per la salvezza la circoncisione, il rispetto delle prescrizioni alimentari, la legge della purezza, il sabato come giorno di riposo ed altro. Sulle prime, la sua predicazione ebbe più successo nelle Sinagoghe aperte ai non Ebrei, e pertanto egli si pose come obiettivo la diffusione del Nuovo Credo nel mondo Greco-Romano.

A parere di alcuni storici della religione Ebraica, si ritiene  che per questo motivo, Paolo diffuse un’interpretazione della morte di Gesù, attribuendone la responsabilità agli Ebrei e non ai Romani. Da ciò nasce la visione velatamente antisemita rappresentata nei Vangeli e nelle opere prescelte per comporre il Canone della Chiesa Cristiana.

Ed è come se il Gesù Ebreo zelante, di cui Giacomo fu testimone oculare e diretto erede, fosse scomparso nella memoria della gente, lasciando il posto al Gesù ellenista creato da Paolo,che non lo aveva mai conosciuto se non nelle sue visioni.

Probabilmente quanto detto rimane una leggenda creata nel corso del tempo dagli Ebrei della diaspora, per trovare una logica nelle persecuzioni dalle quali furono oggetto nel corso dei secoli.

Pur tuttavia, rimane sempre il fatto che i Cristiani, hanno sempre considerato gli Ebrei gli assassini di Gesù ed a tale proposito i Vangeli, influenzati dalla visione di Paolo e scritti dopo la repressione della rivolta, rappresentarono la morte di Gesù come una cospirazione di farisei e sadducei cui il popolo intero diede il suo appoggio, e che i Romani, sebbene contrari, non poterono far altro che assecondare.

Ponzio Pilato, Procuratore della Giudea, provò a farli ragionare, secondo la versione canonica, ma gli Ebrei vollero la Sua morte, fino a preferirgli che un comune criminale ed assassinio come Barabba,dimenticando di proposito, e nessuno sembra notarlo, che tra gli Ebrei, la crocifissione era considerata anatema e che in croce, i Romani mettevano i sediziosi, non i blasfemi che invece il Sinedrio lapidava.

Leggendo i Vangeli, si nota come Gesù, non avesse alcuna intenzione di fondare una nuova religione e che tutto l’apparato sul Cristianesimo è nato qualche decennio dopo di Lui, prendendo una strada diversa da quella che Lui aveva indicato e Giacomo perfezionato.

Da ciò si evince che fu Paolo, l’artefice dell’operazione, un cittadino Romano, ansioso di svincolare i precetti Cristiani dal loro contesto Ebraico e diffondendoli in ambiente Greco-Romano.

Nel documento di Giacomo, fratello di Gesù, con il quale aveva convissuto, c’è scritto che il Cristo, non si proclamava Figlio di Dio, ma solo “consacrato” da Dio e che Egli si rivolgeva solo agli Ebrei, invocando il rispetto dei dettami del Levitico, della Pietà, ovvero il rispetto verso i precetti di Dio e sulla giustizia, il rispetto per il prossimo e i poveri. C’è scritto che si rifiutava perfino di curare i Gentili e che non voleva nemmeno mangiare con loro, con le meretrici e con i Pubblicani, insomma con tutti quei personaggi impuri di cui nei Vangeli, gli hanno attribuito la compagnia. C’è scritto che furono i Romani a giustiziarlo, perché esortava a non pagare i tributi e turbava l’ordine pubblico.(fine prima parte)