La presenza dell'Arma dei Carabinieri nel Meridione d'Italia - di Antonio Trono

Brindisi, 5 giugno 20017.

Antonio TRONO

 

Narrare la storia dell’Arma dei Carabinieri nel Meridione d’Italia, significa raccontare un po’ la storia d’Italia, ma ancora di più la storia del Sud. Quella storia fatta di miseria, di lotte e di sconfitte economiche e sociali.  Questo a causa di quella particolare e continua doppiezza che lo Stato ha sempre usato nei confronti del popolo, quella cioè di reclutare dalle classi meno abbienti, uomini da arruolare nell’Arma e poi usarli contro le stesse classi dalle quali questi provenivano. 

Sicuramente lo Stato intuì presto la popolarità dell’Arma proprio per la provenienza dei suoi uomini. Ne fa fede, infatti il motivo per cui i Carabinieri sono divenuti personaggi del mondo creativo dei vasai meridionali, nei fischietti, poi diventati Angeli custodi del burattino “Pinocchio” e protagonisti delle tante barzellette. La prima presenza nel Sud di quella che allora si chiamava Armata Sarda, fondata già nel 1814 con funzioni di Polizia, si registra nel 1860. 

Il 14 marzo Garibaldi assume la Dittatura della Sicilia in nome del re d’Italia. Nelle città conquistate fu necessario far pervenire con funzioni di Polizia i Carabinieri. Si formò così un primo reparto affidato al Maggiore Saverio Massiera. 

L’8 ottobre nasce la Legione dei Carabinieri Reali di Sicilia che diventa poi Reggimento con 23 ufficiali e 1426 militari a piedi e 901 a cavallo. Per la prima volta si reclutano uomini sul posto. Garibaldi prosegue intanto la sua marcia verso la Calabria, la Puglia, e la Basilicata. Da Nord, gli vengono in aiuto reparti dell’Arma che si impegnano sul Macerone e sul Garigliano, combattono il 13 febbraio 1861 a Mola di Gaeta. Qualche mese più tardi, proclamata l’Unita d’Italia, si formano le Legioni meridionali.  Il primo luglio 1861, nascono quelle di Napoli, Bari, Salerno, Catanzaro e poche settimane più tardi quelle di Cagliari e quella di Chieti, assorbita nel 1868 da Bari e che nel corso della sua esistenza ebbe a subire varie soppressioni e ricostruzioni, sino a tornare definitivamente in vita nel 1944. Reclutati tra pugliesi, campani e lucani, i Carabinieri di Napoli e di Bari hanno un immediato battesimo di sangue nella repressione del brigantaggio. E’ stata una prima terribile prova di guerra civile nella quale si sono scontrate, la disperazione dei miseri e poveri, strumentalizzata dall’aristocrazia terriera meridionale, fedele ai Borboni e altri e tanto poveri che si erano fatti uomini di legge per sfuggire alla fame. Nei primi si rinnegava il senso e il valore dello Stato, che lo si vedeva come nemico, mentre nei secondi si rafforzava il senso del rispetto della Stato e delle sue leggi, attraverso la regola dell’obbedienza e del servizio. Così, l’Armata Sarda, era diventata l’Arma, in seguito, la Benemerita dello Stato.

 Da un calcolo fatto dal giornalista e saggista Molisano, Tarquinio Maiorino, è risultato che quelli che si diedero alla “campagna” contavano 80.702 combattenti ed almeno altrettanti furono quelli che facevano parte delle organizzazioni ausiliari, gli infornatori, i vivandieri, gli agenti di collocamento, i conviventi, i familiari e le amanti. Cifra che rimane pur sempre incerta, mentre più preciso è il numero dei Carabinieri utilizzati. Alla fine del 1861, si trovavano in Italia meridionale 6887 uomini, oltre un terzo della forza complessiva dell’Arma, impegnati contro le Bande di Crocco, Chiavone, Ninco Nanco in Basilicata e Calabria e contro quelle di Pizzichicchio e del sergente Romano in Puglia.

La reazione antiunitaria e anarcoide fu fortissima. I poco più di 4 milioni di abitanti del Regno Sabaudo, si trovarono a dover assoggettare gli oltre 17 milioni di Italiani che vivevano nel centro e nel sud della penisola, dei quali almeno 9 milioni del Regno Borbonico. Fu una vera guerra civile, dove l’uccisione di migliaia di uomini e donne ed i saccheggi dei paesi, sono state di una violenza che non conosce confini. Centinaia di uomini, incattiviti ed esasperati dal brutale comportamento delle truppe piemontesi, colmi di odio e di rancore, nei loro riguardi, li aveva resi selvaggi e sanguinari, tanto a volte da eguagliarsi, se non a superarsi a vicenda, per lo spargimento di tanto sangue di umana gente.

Ma la lotta al brigantaggio non si è chiusa con la fine dei movimenti di massa, con lo sterminio di oltre ventimila contadini e la morte di alcune migliaia di militari, è continuata per tutto il XX secolo, affidata non più all’esercito, usato per fronteggiare l’emergenza. I Carabinieri hanno continuato ad operare nel Sud contro la delinquenza che si andava organizzando nelle cosche dell’Onorata Società e nei tre rami della Camorra, della Mafia e della ‘Ndrangheta.

 Nel 1889 il brigante Giuseppe Musolino viene catturato dopo la fuga da Gerace. Nel 1895-96 viene sgominata sul Gargano la banda dei fratelli Frattaruolo. In Sardegna il banditismo impegna i Carabinieri nella battaglia di Morgoglisi, nei pressi di Orgosolo, nell’aprile del ‘99 ed entro la fine del secolo vengono destinati alle carceri 75 delinquenti. E la lotta serrata e cruenta continua con la lotta sociale del Mezzogiorno, che si sposta anche su altri fronti. Con la destra al potere e la disattenzione del nuovo Parlamento alle condizioni delle classi più povere, scoppiarono già nel 1886 i primi tumulti. Tra il 16 e il 23 settembre ci fu una sommossa in Sicilia. La crisi economica e la miseria costrinsero l’Arma a fronteggiare il popolo. Le rivolte continuarono per tutto il secolo ed hanno avuto epiloghi tragici nell’emigrazione di massa verso l’America.

La vicenda sociale italiana si sarebbe incrudelita nel nuovo secolo. Tra il 1921 ed il 1940 si registrano numerose ribellioni popolari. Nel 1921, mentre tutta l’Italia è a rumore per la crisi economica nazionale, a Castellammare di Stabia si   verifica l’occupazione del comune. Ne nasce un conflitto a fuoco con i Carabinieri mentre altri disordini si verificano a Bari, in Sicilia ed in altre zone della Campania.

Il 10 giugno 1940, l’Italia entra in guerra nel secondo conflitto mondiale ed il 18 giugno, Mussolini e Hitler si incontrano a Monaco di Baviera. Tale intervento si risolve con l’occupazione di alcune zone lungo il confine Italo- Francese. La storia militare d’Italia durante la seconda guerra mondiale, ricca di episodi controversi, fu caratterizzata soprattutto da numerose sconfitte e dal crollo nel settembre del 1943 dell’apparato Politico-Militare dello Stato. L’improvvisazione con cui il paese venne coinvolto nella guerra dall’imperizia delle gerarchie politiche e militari e la debolezza della struttura economica e sociale in cui versava il Paese, mostrava tutta la sua pervicacia.

Il 9 settembre, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre, il re e il governo provvisorio provenienti da Pescare via mare, fuggirono a Brindisi. Scelgono tale città, in quanto la Puglia, la Basilicata e la Calabria, erano già state abbandonate dai Nazi-Fascisti e non ancora raggiunte dagli Alleati. Lo stesso giorno, presso la sede della Legione di Bari fu istituito il Comando dei Carabinieri Reali dell’Italia Meridionale al comando del Colonnello Romano Dalla Chiesa, con giurisdizione sulle tre Regioni libere.                    

   Il 18 novembre, dopo l’arrivo degli Alleati in Puglia, sempre a Bari, ma agli ordini del Generale Giuseppe Pièche (già Prefetto e V. Comandante dell’Arma dei Carabinieri), nacque il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali dell’Italia Liberata, cui confluirono i citati Comandi di Palermo e di Bari, con giurisdizione anche sulla Sardegna, ormai liberata.  Giuseppe Pièche diviene il nuovo Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali e tra i suoi primi atti, vi fu il 15 novembre 1943, l’incarico al Tenente Colonnello Marco Bianco a leggere dai microfoni di “Radio Bari”, un radiomessaggio che invitava i militi presenti nei territori occupati dai Tedeschi a combattere le truppe di occupazione, salvaguardando le popolazioni civili dal rischio di rappresaglie. E fu proprio questo tipo di preoccupazione, che ha sempre caratterizzato l’Arma dei Carabinieri in tempo di pace come in tempo di guerra per tutta la Sua Storia plurisecolare che ha condotto al martirio Salvo d’Acquisto, Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti, Vittorio Marandola e tanti, tanti altri, che noi ricordiamo come gli Eroi Asceti della Libertà, senza dimenticare i 12 uomini dell’Arma, trucidati, il 24 marzo del ‘44 alle Fosse Ardeatine. Durante la seconda guerra mondiale l’Arma subisce la perdita di 3.500 uomini. Va ricordato che sul Gargano, un paio di reparti si scontrarono con i Tedeschi in ritirata ed il 5 giugno del ‘44, entrarono in Roma con gli Alleati.

Passata la furia devastatrice della guerra con il suo enorme carico di morte, distruzione e miseria, è degna di puntualizzazione la data del primo maggio del 1947. Il bandito Giuliano, assassino di un Carabiniere, addetto al contrasto del contrabbando, perché sorpreso mentre contrabbandava un sacco di farina di grano macinato, era divenuto capo di una banda numerosa di suoi consimili, in nome del Separatismo Siciliano. Dopo varie azioni criminose, nel giorno della festa dei lavoratori spara su una folla di contadini, riunitisi in località a Portella della Ginestra, nei pressi di Palermo, per protestare contro il latifondismo. L’ Arma apre una caccia all’uomo che sfocia in una guerra aperta al banditismo. Tra il ‘49 ed il ‘50, in soli dieci mesi l’Arma perde 80 uomini, ma effettua 433 arresti. E’ l’inizio di quella terribile guerra alla mafia che non si arresta per tutto il secondo novecento.

A queste operazioni rivolte alla difesa dello Stato, l’Arma si è distinta anche per gli interventi nelle maggiori catastrofi naturali registrate dall’Italia, già a partire dal finire dell’800 e per tutto il secolo trascorso. Nel 1885 un’epidemia di colera tocca Ancona, Bari e Cagliari. I Carabinieri creano cordoni sanitari ed istituiscono lazzaretti per la pubblica profilassi, sorvegliando gli scali ferroviari e quelli portuali.

Nel 1908 si verifica il terremoto di Messina. Crolla la caserma dei Carabinieri e seppellisce 11 uomini.  Gli altri 18 si prodigheranno per la gente coinvolta nella tragedia.

Il 12 settembre 1930 un terremoto di vaste proporzioni distrugge i paesi del Vulture e sono costretti ad accorrere Carabinieri da Napoli e da Bari.  Ciò si ripete nel 1954 nelle nevicate che isolarono l’Abruzzo ed il Molise, tra Vasto e Campobasso e poi nel terremoto del 1968 nel Belice, dove chi vi narra, prese parte ai soccorsi ed ancora in quelli del 1976 in Friuli e del 1980 nell’Irpinia.

Insomma, l’Arma viene usata come forza di Pace per il primo intervento, come già tra fine 800 ed i primi 900, quando ufficiali e sottufficiali si erano prestati nei paesi dell’interno, privi di scuole e di strade, a fare da insegnanti per l’alfabetizzazione dei ragazzi.

Nel campo dell’eversione constatiamo che negli anni ‘70 si manifestava con crescente intensità l’attività dei gruppi eversivi al fine di rovesciare le istituzioni dello Stato. In proposito, i Carabinieri non hanno avuto gran da fare nel Mezzogiorno, se non per le attività dei Nuclei Armati Proletari, di origine napoletana. Contro le ragioni dell’obbedienza alle istituzioni che muovevano l’Arma, si levò da parte della stampa e degli intellettuali un coro si critica alle forze dell’ordine. Fu Pasolini tra i primi a ricordare ai giovani che poliziotti e carabinieri, erano anch’essi figli di quello stesso proletariato a favore del quale gli eversori, dichiaravano di combattere. Solo intorno al ‘78, in un clima di montante allontanamento dalle ideologie e con l’affidamento al Generale Dalla Chiesa del coordinamento delle attività dei reparti di Polizia e Carabinieri, si cominciò a combattere su basi concrete l’eversione armata. Con il risultato della totale capitolazione di un terrorismo che, proprio in quell’anno aveva conosciuto uno dei momenti più drammatici con il rapimento di Aldo Moro e la uccisione della sua scorta, guidata dal maresciallo maggiore Leonardi.

Ma la vera guerra dei Carabinieri nel Mezzogiorno è stata alle organizzazioni delinquenziali, quelle storiche, alle quali si aggiungeva negli anni ’80 la Sacra Corona Unita. Anni di sangue e di eccidi, che hanno fatto del Sud l’inferno dei sequestri, della guerra per bande, del racket delle estorsioni. Un lavoro duro porterà nella sola Puglia oltre duemila persone alla sbarra. Un lavoro infelice e continuo che fa protagonista dei telegiornali la figura del carabiniere e del poliziotto e una scena stancamente ripetitiva la conferenza stampa presso i Comandi militari. Un film tragico, martellante. Un bollettino di guerra. Nell’inferno dell’Italia degli anni ‘90, si scopre che tra lo Stato e i suoi carabinieri non sempre vi è stato un procedimento leale. Mentre gli uomini dell’Arma hanno servito e obbedito ad ogni richiesta, molti agguati e molte uccisioni sono stati causati proprio da oscure connivenze tra frange del mondo politico e una base elettorale e finanziaria di origine delinquenziale. Ma nella bufera di un mondo politico corrotto e talora di servizi deviati, mentre cadono teste in quel tremendo ciclone che fu Mani Pulite, che per la verità solo in parte sfiora il Mezzogiorno, con puntate a Napoli e a Bari, l’Arma esce indenne senza macchia alcuna. Anzi, sembra proprio che da questo clima si rafforzi la sua attenzione sul paese, perché si registrano nuove sferzate alla mafia, dovute anche a una maggiore presa di coscienza dei cittadini, a una volontà di risveglio. Un lavoro improbo ed infame, condotto in una realtà sociale sempre al limite del collasso. In un Sud che tocca il 25% di disoccupati e che ha addirittura nel contrabbando e nel lavoro nero gli ammortizzatori sociali. 

In un Sud, dove il costo alto del denaro, favorisce lo strozzinaggio e dove la manovalanza delinquenziale arriva a costare una bazzecola, poche centinaia di migliaia di lire per uccidere una persona scomoda, si arriva a mettere le mani su Totò Riina e sulla banda dei Corleonesi.  Si stronca la Sacra Corona Unita e si colpisce al cuore la Camorra napoletana. Si cancellano perfino i ricordi dei rapimenti sardi e calabresi.

Con l’avvento del 2000, non si può negare che vi sia un nuovo clima, l’Arma si distacca dall’Esercito e viene elevata al rango di Forza Armata Autonoma, con un proprio Generale al Comando. Sempre nel 2000 vengono inquadrate nei ranghi le donne, senza distinzione per gradi e ruoli. Nel 2001 è entrato in vigore l’euro, fonte di tante discussioni del pro e del contro.

Il primo decennio ed il secondo decennio in corso, sono stati caratterizzati dalla globalizzazione che oltre al movimento di merci ha portato anche l’enorme movimento di extra comunitari che dai Paesi Orientali e dall’Africa in particolare, a causa delle eterne guerre che in quei luoghi si combattono, specie in Siria e Libia, si riversano in un continuo, crescente ed incessante sbarco quotidiano. Migliaia di uomini, donne e di tanti e tanti bambini, mandati letteralmente allo sbaraglio, nell’isola di Lampedusa e sulle coste del nostro Meridione, impegnando gli uomini delle forze dell’ordine, a portare il soccorso umanitario che tanto abbisogna a quei miseri, fra i quali, non vi è dubbio che si nascondano assassini e terroristi che prima o poi scateneranno i loro istinti primordiali di belve umane su poveri ed innocenti esseri umani.

Non si può negare che si prospetta un avvenire molto buio e triste, soprattutto per i giovani, tenuto conto che la disoccupazione, ha raggiunto punte del 60%, accanto ai quali vi è l’esercito di giovani che non frequenta scuole di nessun tipo e non svolge nessun tipo di lavoro e che conta più di 2,3 milioni di giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni.

Sia per gli extra comunitari che per i giovani disoccupati non è difficile prevedere che altre dure lotte attendano i militari dell’Arma. Di quella Benemerita Arma della quale leggevo su Internet che nel 2014 è iniziato lo scioglimento, per essere inglobata nella Polizia di Stato, mentre nell’ottobre del 2016 con l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato, nasceva il Centro Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri, entrato in vigore il primo gennaio 2917.

 Favolosa incongruenza discordante, che solo in Italia si può verificare.

Per dare un accenno di colore, voglio fare un salto nel passato, ricordando che mentre non si pubblicano più, le vecchie, romantiche, forse retoriche tavole di Achille Beltrame per la Domenica del Corriere e di Vittorio Pisani ed ancora di Quinto Cenni, mentre non si ritrova un prosecutore delle opere di Giovanni Fattori.

E’ il cinema a venire incontro al Carabiniere, Il Carabiniere nel Sud.  Inizia Comencini, con “Pane, amore e fantasia” cui segue “Pane, amore e gelosia”. Lo ricordiamo tutti, Vittorio De Sica nei panni del maresciallo innamorato perso della Lollobrigida e poi della Loren. Dopo di lui vennero Lizzani con Fontamara e Majano con “L’eredità della Priora”, tratta dai romanzi di Alianello e poi Pasquale Squitieri, con il “Prefetto di Ferro” e Damiani nel “Il Giorno della Civetta”. Fino alle produzioni per la televisione dove si sposta la presenza dei Carabinieri a Roma, con la figura del Maresciallo Rocca di Capitani e Proietti e poi I due Carabinieri e il Ladro di bambini di Amelio.

Ma di marescialli e carabinieri il Sud della scrittura narrativa fa poco uso. Da Sciascia che nel “Cavaliere e la Morte” ricorre a figure dell’Arma e altrettanto fa nei suoi romanzi, sono Mario Soldati con i Racconti del Maresciallo e Cassola con Monte Mario a farne uso. Il Sud usa l’Arma come figura della guerra aperta alla mafia. Ma preferisce usare altre Forze dell’Ordine, perché il Carabiniere è figura troppo manichea, tagliata tutta o di luce o di ombra, non di penombra, come piace alla cultura di questi anni. Come dire che è tramontata per la nostra società la fermezza, sono tramontati i valori romantici. Qualità che si riconoscono a furore di popolo a questi uomini con i pennacchi e con le armi, dei quali mi onoro di averne fatto parte per ben trentacinque anni e per come li definisce una canzone di De Andrè, uomini dalle divise fascinose nere listate di rosso e pronti a padroneggiare un cavallo in quelle parate che appartengono ai tempi ormai molto lontani dell’adolescenza.