IN VOLO CON GLI ANGELI

(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

 

     Per inquadrare la storia dei cosiddetti voli di Teodoro bisogna andare indietro nel tempo e immaginare com'era una quarantina d'anni fa il luogo dove ora sorge il santuario di Jaddico. Era aperta campagna. I muri perimetrali della chiesa non erano stati ancora eretti.

I fedeli prendevano posto sotto una tettoia di legno situata dove oggi si trova l'ingresso della chiesa. La serata si concludeva con un'ultima sosta collettiva sul ciglio della strada asfaltata (la statale n. 16) che corrisponde grosso modo all'attuale ingresso del cancello principale. Qui si sostava prima di andar via recitando quindici Ave Maria come ultimo saluto alla Madonna. Le misteriose illuminazioni, quando ci sono state, sono avvenute a questo punto della serata.

Al posto dell'attuale piazzale c'era un grande fossato impraticabile, che chiamavano in vari modi: voragine, burrone, canalone, e che veniva man mano riempito con camionate di terra, massi, pietre e detriti, tutto materiale di risulta che formava delle montagnole e col tempo avrebbe costituito il massetto dell'attuale piazzale. Per questa ragione era pressochè impossibile fare a piedi quel tratto; perciò, per arrivare dalla strada al muro della Madonna, si percorreva un sentiero a parte in terra battuta.

“Eppure -ricorda Carla Codutti- la sera del 20 gennaio del '63 abbiamo assistito ad una cosa strana: Teodoro, che stava ai piedi del quadro della Madonna, tutto ad un tratto si è trovato vicino a noi, nel tempo di quattro secondi. Come ha potuto farlo è un mistero. Ha attraversato il dirupo cosparso d tutti quei materiali scaricati: terra, pietre, tufi, ferri, sabbia, oltre ai roveti, sterpaglia, le canne. Al buio per giunta”.

Anche l'avvocato Claudio Consales, figlio di Mario, ricorda che da ragazzo assistette ad un episodio del genere: “Il ricordo -dice- è ancora vivo in me. Sono immagini indelebili nella mia mente. Teodoro era particolarmente assorto nella preghiera quando fu quasi calamitato dal muro della Madonna, nel senso che fu attratto verso il muro. Però il percorso -lo ricordo perfettamente- fu veloce, senza mai perdere il contatto col suolo. Diciamo un percorso che non poteva essere fatto in modo così rapido”.

“Anche a me -dice Natalina Prato- è capitato più di una volta di vedere Teodoro spostarsi su quel terreno accidentato così rapidamente da sembrare che volasse. Mentre stava con noi sulla strada, improvvisamente andava ai piedi del quadro della Madonna e attraversava velocemente il burrone pieno di cumuli di pietre, ma pietre enormi, che non si poteva camminare. Era anche pericoloso”.

“Su quello che ora è il piazzale -dice Angela Stasi- avevano buttato camionate di terra e materiali vari per il riempimento. I cumuli erano lì come li avevano scaricati. Ad un certo momento io ho visto Teodoro che si spostava velocemente su quei cumuli come se fosse stato sollevato da terra. Camminava in linea retta senza seguire il saliscendi delle montagnole, come se non toccasse terra”.

Particolarmente vivo e ricco di particolari è il ricordo di Carmelo Maizza, funzionario dell'Isfores (Camera di Commercio), che all'epoca dei fatti era un ragazzo molto sveglio. La sera del 13 giugno 1963 si trovava a Jaddico per accompagnare la madre e la sorella, ma con la mente rivolta a Mesagne dove in parrocchia si festeggiava S. Antonio e c'era il parco giochi con le giostre, che era la cosa che più lo interessava. Non immaginava lontanamente che stava per vivere un'esperienza che non avrebbe mai più dimenticato, e che ogni volta che la racconta, dice, gli provoca un brivido alla schiena.

“Teodoro -racconta- recitava il rosario stando in ginocchio davanti all'affresco della Madonna, sotto il muro, mentre tutti noi stavamo sopra, nella parte iniziale della chiesa. Ricordo che erano state ultimate le fondamenta. Stavamo sotto la pensilina e aspettavamo che Teodoro, finito il rosario, si alzasse per venire da noi, come era solito, ma non si muoveva. Allora due uomini robusti, ritengo fossero i fratelli Consales, sono scesi giù per un sentiero in terra battuta. Io li ho seguiti. Si sono avvicinati a Teodoro e ho visto che parlottavano tra loro, ma Teodoro non ne voleva sapere. Poi per curiosità mi sono avvicinato e ho visto che Teodoro rispondeva come se fosse ubriaco, nel senso che non articolava bene le parole. Loro dicevano: “Su, andiamo, Teodoro”. E lui rispondeva: “Io non voglio andare da nessuna parte, sto bene qua”. E quelli ancora dicevano: “Ma è tardi, dobbiamo andare”. E Teodoro rispondeva: “Si, voi andate, a me lasciatemi stare, io non voglio andare da nessuna parte, voglio stare qui, ho bisogno di stare qui”. E quelli a insistere: “Dai, forza, che la gente sta aspettando”. “Ma non ti stai sentendo bene?” Domandavano quelli. E lui: “No, no. Lasciatemi stare”.

Alla fine, quasi per accontentarli, si è lasciato prendere sotto le braccia e ci siamo avviati verso il gruppo che intanto si era spostato sul ciglio della strada asfaltata per le ultime preghiere e il saluto alla Madonna. Io seguivo il terzetto da vicino. Li seguivo passo passo. Teodoro non dava l'impressione di essere presente a se stesso. Avevo la sensazione di essere di fronte ad un ubriaco, una persona che aveva anche problemi di deambulazione perchè faceva fatica a camminare, sembrava trascinato un pò a forza.

Io li seguivo da vicino, e quindi sentivo tutto quel che si dicevano. Capivo perfettamente tutto perchè riusciva a farsi capire sia pure biascicando le parole, cioè trascinandole con fatica. Era come assente, come se parlasse da un'altra dimensione. Si poteva anche pensare che non si stesse sentendo bene, e credo che questa fosse anche la preoccupazione principale dei fratelli Consales. Mi accorsi anche che quando Teodoro interloquiva con i Consales guardava fisso l'affresco del muro, non staccava gli occhi dall'immagine della Madonna. A un certo momento gli hanno domandato: “Che cosa ti ha detto la Madonna?” Lui ha risposto: “No, mi dispiace, ma non vi posso dire niente, stavolta mi ha pregato di non riferire nulla”.

Quando tutti fummo riuniti sul ciglio della strada la gente cominciò a recitare le quindici Ave Maria come al solito con le ultime giaculatorie e le intenzioni particolari. C'era un silenzio incredibile. Non si avvertiva il minimo rumore. Buio pesto. Teodoro stava sul ciglio del burrone coi piedi per terra, ma ondeggiava, barcollava, però stava in mezzo ai due fratelli Consales che sembravano due colonne e badavano a lui. Io ero proprio accanto a loro e potevo guardarlo bene in faccia. Ad un tratto è sparito, nel senso che io ho visto un atteggiamento di una persona che si libra e poi scompare. Si è come smaterializzato, io non l'ho più visto. Tutti istintivamente guardammo giù, come temendo che fosse caduto nel burrone, non guardammo verso l'affresco. Invece lui si era portato in un attimo da dove stavamo noi al muro della Madonna.

Un attimo prima che accadesse questo fatto l'ho visto barcollare stando sul ciglio della strada; era completamente assente, non partecipava più alle preghiere, biascicava parole incomprensibili, non so se fossero preghiere perchè sembravano quasi del gemiti. Si è chinato in avanti di 45 gradi ed è sparito, come se fosse stato sollevato da persone invisibili che inforcandolo da sotto le ascelle lo avessero preso e trasportato.

Io ho visto solo che i due fratelli Consales hanno cercato di imbracarlo con le mani ma non ci sono riusciti. La cosa è avvenuta in un batter d'occhio. Tutti hanno pensato ad una disgrazia ed hanno cominciato a gridare, hanno indirizzato le torce lungo il bordo per individuare il punto in cui era potuto cadere, ma non si era avvertito nessun tonfo e non si sentiva alcun lamento. Ci fu sgomento generale, c'era chi piangeva, chi gridava, chi invocava la Madonna. Lì per lì tutti pensavano come fare a scendere giù per prestare soccorso a Teodoro. Ma da lì era impossibile. C'era un dirupo con un dislivello di quattro o cinque metri, c'erano sterpi, rovi, spine”.

Ricorda ancora Carmelo Maizza: “Io e i Consales abbiamo cominciato a correre come pazzi per andare a soccorrere Teodoro. Quando siamo arrivati all'altezza delle fondamenta lo abbiamo visto inginocchiato davanti all'affresco della Madonna e ci siamo bloccati. Piano piano ci siamo avvicinati, io l'ho squadrato, l'ho guardato dalla punta dei capelli alle scarpe. L'ho guardato bene e subito mi è apparso evidente che il vestito scuro che indossava non era nè sgualcito nè imbrattato, era integro, pulito.
Ci ha accolto con un sorriso, continua Maizza, ora sembrava normale, presente a se stesso. Era vivo, felice.

“Stasera - ha detto - la Madonna mi ha fatto una grande grazia. Ma non posso riferire, mi dispiace, mi ha chiesto espressamente di non parlarne”.

“Ma tu – hanno insistito i fratelli Consales - tu come hai fatto ad arrivare fin qua?”

“Io non ho fatto niente - ha risposto - Sono venuti due angeli, mi hanno afferrato e trasportato qua”.