Una signora, puntualmente, ogni 27 del mese, ci aspetta fuori la porta della sua abitazione per posare vicino al quadro della Madonna, come si potrà vedere nelle foto che pubblichiamo, un bellissimo f

Una signora, puntualmente, ogni 27 del mese, ci aspetta fuori la porta della sua abitazione per posare vicino al quadro della Madonna, come si potrà vedere nelle foto che pubblichiamo, un bellissimo fascio di fiori.

Che la Madonna possa esserle vicino con la sua protezione.

 

 

 

 

IL MURO DI LUCE

NEL RICORDO DI COSIMO MELACCA

(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

 

 

      Cosimo Melacca e la moglie Arcangela, contadini nullatenenti, famiglia numerosa, nel 1953 ebbero assegnato dall'Ente Riforma un appezzamento di terra; a loro toccò un podere in contrada Pilella a circa cinquecento metri in linea d'aria dall'attuale chiesa di Jaddico. Quando la casa fu pronta, vi andarono ad abitare. Cosimo aveva 49 anni ed era un grande lavoratore; per ventun'anni era stato l'uomo di fiducia del commendatore Guadalupi e aveva portato avanti la masseria del Casale dove c'era la villa padronale con l'annessa chiesetta denominata “Cristo del Passo”. Era anche un uomo di fede robusta e di fervorosa devozione alla Madonna; anzi, proprio a lei attribuiva la grazia di aver ricevuto dall'Ente Riforma una terra di quelle che danno buona resa in termini produttivi.

Cosimo era felice anche per la vicinanza della sua nuova casa a quel mozzicone di muro diroccato su cui resisteva, ad onta del tempo e delle intemperie, l'immagine di una Madonna con Bambino (quella di Jaddico). “Era tutto canneto – scrive nel suo diario spirituale – tutto spine e scrasce che quando maturavano davano delle belle more; veramente col buio di sera faceva paura, ma io dopo il lavoro ci andavo lo stesso a pregare, e da solo mi dicevo il santo rosario. Me ne stavo inginocchiato sul ponte che si trovava di fronte al quadro dove ora iniziano i gradini della chiesa; lì c'era questo ponte e una strada di campagna”.

Passò del tempo, la terra di Melacca era diventata un giardino fiorito come la sua anima religiosa, che si nutriva di preghiera incessante. Un giorno (poteva essere settembre) mentre si recava a Brindisi in bicicletta, si accorse che davanti all'immagine della Madonna c'erano dei fiori e ai piedi del muro diroccato qualcuno aveva collocato una basetta di zinco per accendervi dei ceri. Questi avevano preso fuoco e le fiamme minacciavano l'affresco della Madonna. Cosimo si gettò sul fuoco e soffocò le fiamme con zolle di terra; poi andò a cercare il titolare del fondo, certo Falcone, pure lui assegnatario della Riforma, invitandolo a fare attenzione nell'accendere i ceri alla Madonna. “Se non fosse stato per me – si lamentò Melacca – dopo tanti secoli quel quadro ora sarebbe tutto bruciato o annerito dal fumo”.

“Io non ho messo nessun cero!” lo rintuzzò quello.

Chi era allora che portava fiori e accendeva ceri alla Madonna? Cominciò ad indagare. “E' il vigile Teodoro D'Amici – gli disse un altro assegnatario dell'Ente Riforma, tale Campioto – Domani devi scendere in piazza?”

“Sì – disse Melacca – devo vendere i pomodori”.

“Allora vieni con me che ti faccio conoscere il padre del vigile, che di soprannome fa Cucombra”.

Quando lo vide, Melacca lo riconobbe subito per un vecchio compare di suo padre. Quindi lo avvicinò in confidenza.

“E' vero – gli domandò – che tuo figlio ha veduto la Madonna?”

“Purtroppo è vero – rispose quello – ma chi farà la chiesa che ci vogliono molti milioni?”

“Se le cose stanno così – commentò fiducioso Melacca – la Madonna stessa farà la chiesa.”

Quel giorno non conobbe il vigile D'Amici, ma ormai l'incontro era nell'aria; qualche giorno dopo sarà Teodoro che, accompagnato dalla moglie e dalla figlia, andrà a trovare Cosimo nella sua casa di campagna.

“Abbiamo trovato questa coroncina sul ponte, è la tua?

“Sì – rispose Melacca – sono tre giorni che l'ho smarrita. Ogni sera vado a dire il rosario sul ponte”.

“Perchè non lo diciamo insieme?”

“Eccomi, sono pronto”.

Col compito di guidare la recita del rosario, Melacca entrò a far parte del gruppo che già si riuniva intorno a D'Amici e si incontrava ogni sera a Jaddico. Era gente che aveva già fatto l'esperienza della luce o che sperava di farla; ma c'era chi con animo semplice e devoto credeva e pregava senza bisogno di segni. Così dichiarava in umiltà Cosimo Melacca, che la Madonna volle premiare.

Dopo qualche giorno Teodoro tornò da solo a casa di Melacca, e davanti a una tazzina di caffè ebbe con lui un colloquio confidenziale. Gli aprì il suo cuore, gli parlò dei messaggi avuti in sogno dalla Madonna, e del suo proposito di consolidare quel pezzo di muro diroccato che rischiava di cadere da un momento all'altro.

Anzi, gli confidò, proprio la Madonna gli aveva detto che stava per crollare. Parlò anche dell'intenzione di costruire sul posto una chiesetta per inglobare quel muro e proteggere così per sempre l'immagine sacra. Gli fece infine una confidenza che lo riguardava personalmente e che toccò nel profondo il cuore di Cosimo. “La notte scorsa – gli disse – ti ho veduto vicino alla Madonna” e salutandolo nell'andare via aggiunse: “Questa sera vieni a vedere, ti aspetto”.

Quella sera Cosimo Melacca non poteva mancare. Puntuale, si presentò sul solito ponticello verso il tardi, secondo gli accordi, perchè Teodoro aveva spostato l'orario: anziché la sera alle otto, aveva stabilito di trovarsi sul posto alle undici e un quarto (prima di mezzanotte). Era un gruppetto composto da una ventina di persone. Melacca iniziò la recita del rosario e lo portò a termine in un clima di profondo raccoglimento. La serata era calma, il cielo era sereno, stellato. Tutt'intorno silenzio. Ed ecco, Teodoro iniziò a dare segni di inquietudine; quelli a lui più vicini lo sentirono mormorare: “La luce! La luce! Poi ad un tratto gridò: “La luce! Non vedete la luce? Il muro è illuminato! Non si vedeva niente, era tutto buio, nessuna luce. Ma proprio in quel momento all'improvviso il muro si accese di un grande splendore.

“Quindi vedemmo anche noi – scrive Melacca nel suo diario – e che cosa vidi? Che quel pezzo di muro era acceso e oscillava come se stesse per cadere, secondo la visione di Teodoro. Il muro cade! Il muro cade! E quei cerotti che erano accesi alla parete di destra e di sinistra si muovevano, ondeggiavano. Come piangevo! e dicevo: ecco l'eternità! Ho veduto l'eternità! Ecco come esiste Paradiso, Inferno e Purgatorio. Mi raccolsero da terra piangendo, ero come in estasi, e il signor Martinelli mi portò con la sua macchina a casa mia. Chi dormì la notte! Ma per me era una gioia, perchè, pur credendo, e non avendo bisogno di segni, avevo veduto che esiste l'eternità”.