Uomini in pellegrinaggio



Teatro Verdi. Bar Fiamma. Teodoro D’Amici e “ la caurena”.


     Sull'ultimo foglio "Il Ventisette" abbiamo letto che il Vescovo Rocco Talucci chiede una raccolta delle testimonianze sui fatti di Jaddico e su Teodoro D'Amici. Dice a chi lo ha conosciuto che "anche il ricordo di una semplice impressione in te suscitata da lui mentre parlava o pregava, è preziosa per tracciare un quadro completo e veritiero del fondatore della nuova Jaddico"

Per cui in questo brano, per iniziare a conoscerlo un po' più da vicino, racconteremo solo di una frase da lui pronunciata. Iniziamo.

     Mi rendo conto che se iniziassi a parlare della "caurena" qualcuno potrebbe chiedersi cosa è e non cogliere pienamente il significato che esprime l'episodio che di seguito narro e, soprattutto, le sfumature che possiamo trarre da Teodoro D'Amici, l'uomo che si è lasciato trasformare dalla Madonna.

     In questa pagina viene descritto l'uomo vecchio, com’era prima dei fatti di Jaddico.

Se vogliamo raccontarla in italiano, la "caurena" (termine dialettale), altro non è che il "paguro" e, se ancora non ci stiamo capendo, posso aggiungere che va anche sotto il nome di "Bernardo l'eremita". Si, l'eremita, ma la caurena non è un personaggio religioso, ma un crostaceo marino.

Avete mai osservato al mare, guardando sott'acqua, quei granchi che vivono dentro una casa, per esempio in una conchiglia, o in un cocciolo vuoto e con essa si spostano e si muovono? Ecco, ora sappiamo cosa è una "caurena".

Ma quando si spostano, lo fanno piano piano "pareti - pareti", per non farsi notare, per passare inosservati, un po’ infilandosi nella sabbia, così nessun predatore può notarli.

Bene, questa è la premessa.

     Giovanni Baldassarra é da pochi giorni andato in pensione. Lo incontro in ufficio l'8 novembre 2005, quando è giunto per me l'orario di uscire un attimo per prendere un buon caffè, per cui lo invito a farmi compagnia. Strada facendo gli chiedo come avrebbe impegnato il suo tempo libero. L'ho visto un po’ smarrito, per cui, per stemperare, gli ho detto che era importante evitare, stando a casa, di passare da una poltrona all’altra, ma tenersi invece vivo soprattutto con la mente, perché dicevo, se ci lasciamo impigrire, solo allora, vorrà dire, che siamo diventati vecchi. Invece Giovanni, che ormai conosco da un certo tempo e con il quale ci chiamiamo per nome, mi cambia discorso e chiede il mio cognome, e da qui la conversazione scivola su Teodoro D'Amici.

- “Ma dove abitava da giovane il tuo papà?”, mi chiede Giovanni.

- “In via Nicolò Taccone”, rispondo, “lì io sono nato.”

Conosco, mi dice Giovanni, un episodio legato a papà, di quando aveva una età di circa 30/35 anni, e faceva il vigile urbano. Io abitavo "sopra a San Benedetto", e lo vedevo venire da via Nicolò Taccone.

     Era il tempo in cui esisteva il teatro Verdi. Proprio di fronte allo stesso teatro, c’era il bar Fiamma. Un bar importante per l'epoca, dove andavano le persone che erano da considerare la crema di Brindisi. Queste persone assistevano a rappresentazioni teatrali, ad opere e quant'altro e dopo essere uscite dal teatro, si spostavano al bar di fronte, per una conversazione e per un buon sorso caldo.

Sappiamo, continua Giovanni, che nelle strette vicinanze dello stesso bar, in piazza Cairoli, stazionavano anche i contadini e i mezzadri di Brindisi, che si fermavano lì, per combinare la giornata di lavoro per il giorno successivo. Erano tanti, ma proprio tanti, per questo motivo non riuscivano tutti a trovare posto in quella piazza.

     Questa cosa infastidiva la gente "per bene", per cui spesso scattava una segnalazione al Comando dei Vigili Urbani e i contadini venivano presto allontanati dal bar.

     Un giorno, o anzi una sera, stava piovendo. Per questo motivo, gli ospiti di piazza Cairoli, dei quali abbiamo appena parlato, pensano di trovare riparo sotto i portici del teatro.

     Presto, dopo una veloce ed efficace lamentela, un vigile fu incaricato di far allontanare quelle persone. Il vigile che si presentò al teatro Verdi era Teodoro D’Amici. Si diffuse subito la voce dell'arrivo del vigile urbano: "St'arriva Ghiatoru la guardia."

Nonostante tutto uno dei contadini, come se nulla fosse, anziché dirigersi verso piazza Cairoli, tentò la direzione opposta, cioè si diresse verso l’interno dei portici del teatro.

     E qui Teodoro con tono secco e perentorio, senza scomporsi, esordì: “Ei tu, ca tindi vai pareti pareti comu nà caurena, issi ti dai!”

Questo episodio, mi dice Giovanni, mi arriva dal prof. Alberto Del Sordo, che mi ha raccontato dell’altro. "Eravamo nell’archivio del Provveditorato agli Studi, quando ancora si trovava nella vecchia sede di piazza Duomo, esattamente nei locali che si trovavano sopra il museo provinciale."

     Il 5 genn. 2006 durante una chiaccherata con il mio amico: Elio Baldi, gli chiedo dei contadini di piazza Cairoli e del bar Fiamma.

     Elio, vigile urbano in pensione, classe 1928, mi dice che ha fatto questo tipo di servizio, e continuando mi dice che i contadini, in quell’epoca, frequentavano gli spazi vicini al bar Fiamma, il teatro Verdi, piazza Cairoli, e corso Umberto, fino ad arrivare a tutto l’incrocio di via San Lorenzo.

Talvolta si riunivano in crocicchi, al punto da riempire tutto il marciapiede e non consentire il passaggio delle persone che da lì dovevano transitare. Per questo motivo il Comando dei Vigili Urbani, che negli anni che vanno dal 1955 al 1961 circa, era dislocato a piazza Mercato, aveva sentito la necessità di un servizio di vigili urbani per mettere ordine tra questo notevole numero di persone, per cui quando qualcuno faceva una segnalazione in tal senso, subito il Comando mandava un vigile per disciplinare la situazione.

Consideriamo, continua Elio, che in quegli anni la città di Brindisi non aveva un polo industriale, per cui l’economia della città, si reggeva in maniera prevalente in funzione dell’agricoltura.

     Ora, la riflessione: se il vigile urbano in questione non fosse stato sicuro di riuscire a gestire la situazione, probabilmente avrebbe fatto notare agitazione, nervosismo e quindi avrebbe usato una frase più forte per imporsi, per dominare.

Teodoro invece in questo modo, attraverso questa frase, fa pensare ad una persona che come già detto, non si scompone, che è padrone della situazione, che è sicuro di sé e che ha un’autorità che gli viene riconosciuta e che per questo motivo non esita a farsi rispettare sia con lo sguardo che con la parola: l’ultima è sempre la sua!

E' così che si presenta D’Amici all’età di circa 30-35 anni.

Ci saranno vari, altri episodi con i quali parleremo del vecchio D'Amici, cioè di quando era giovane nell'età. Ma adesso, proprio in questo punto della pagina, sono costretto a scrivere ciò che avrei voluto mettere a conclusione del brano, e cioè, per capire l'uomo nuovo, per capire come la Madonna ha avuto la possibilità di lavorare all'interno di questa persona, di come lo ha trasformato, di come lui si è lasciato trasformare, rendendosi un cantiere dai continui lavori in corso, inserisco in questo brano due brevi episodi che fanno parte di un paragrafo il cui titolo è:

“Alcune storie fatte di silenzio.”

Teodoro avrà avuto 65-70 anni. Ero con lui, rientravamo a Brindisi, e in auto percorrevamo la strada litoranea, quella che dalla Centrale di Cerano porta in città.

Avevamo appena lasciato alle nostre spalle due abitazioni che si affacciano sulla strada e proprio sull’incrocio che porta alla centrale di Cerano due auto sono ferme al centro della strada, una delle due messa di traverso, nel punto preciso in cui c'erano dei lavori in corso, con tanto di segnaletica stradale.

L’incrocio di Cerano.

     Fermo la macchina in attesa che uno dei due si sposti per consentirci di passare.

Non ho suonato, non era necessario, tanto quelle persone ci vedono. Ma niente, continuano tranquillamente a chiacchierare tra loro ignorandoci.

Uno era seduto in macchina, l’altro in piedi. Quello in piedi continua a parlare e tiene il gomito poggiato sul finestrino dell’altra auto. Dopo una certo tempo, ci guarda, io lo fisso negli occhi in maniera eloquente, quasi a voler cercare lo scontro, e come se nulla fosse, questi rivolge lo sguardo verso il suo amico e in maniera incurante continua a parlare.

E il tempo passa. Teodoro non dice una parola. E lì, Teodoro “l'uomo nuovo” in SILENZIO nessun commento.

A questo punto decido di deviare a destra, mi inserisco nello svincolo, come per andare alla centrale di Cerano, percorro 10/20 metri e faccio inversione ad U. In questo modo supero l’ostacolo delle due macchine e proseguo per Brindisi.

     In un'altra occasione invece ci troviamo in via Schiavoni, una strada che collega via Appia a via Imp. Augusto. Una via di circa 150 metri.

Ho dovuto fermare la macchina perché il traffico mi impediva di proseguire. Lì un uomo che assieme ad altri stava lavorando sul ciglio della strada vede Teodoro e, rivolgendosi ai suoi amici, facendo riferimento a Jaddico e al D'Amici-vigile urbano, senza peli sulla lingua, senza timore di essere sentito, lo apostrofa con toni polemici e di scherno, e aggiunge: "Quiddu ch'è vistu la Matonna".

E lì Teodoro, “l'uomo nuovo”, ascolta e rimane in SILENZIO, senza scomporsi e senza fare alcun commento.

Si legge: "se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù." (At 5,41)

Storie fatte di silenzio, è così che le abbiamo chiamate, ma di un silenzio eloquente che ci ricorda il momento dell'illuminazione del muro di Jaddico. Sappiamo che in quel momento tutto è silenzio, i cani non abbaiano, i grilli non cantano. Anche l'aria si ferma per fare silenzio. Infatti durante l'illuminazione del muro le foglie dell'albero lì vicino sembrano inchiodate. E' Dio che si manifesta nel silenzio.

     Sono sicuro che Teodoro non ha fatto questi accostamenti per arrivare a diventare "l'uomo del silenzio", non ne aveva bisogno, perché Teodoro era sicuramente abitato dallo Spirito che lo guidava, e lui si era docilmente lasciato guidare, sin dalla prima volta che si era inginocchiato davanti a quel muro, anzi davanti alla Madonna affrescata su quel muro.

     Con queste storie, con la descrizione di questi episodi, voglio evidenziare la trasformazione avvenuta in Teodoro e come, da uomo vecchio che era nell'età giovanile, sia diventato "l'uomo nuovo" quando era ormai avanti nell'età, quello che oggi qui racconto.

Ma del vecchio e del nuovo Teodoro abbiamo ancora tanto da scrivere e tanto da leggere.

                                                                                                                                                     tonino