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FICHI D'ORO E UNA COLONNA DI LUCE A JADDICO

Nel ricordo di Carla Codutti vedova di Ugo Consales

(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

 

 

 

     Era la vigilia dell'Immacolata del 1962 quando Ugo e Mario Consales, commercianti in legnami a Brindisi, invitati da Teodoro D'Amici, accettarono di andare a Jaddico. I giornali già parlavano dei fatti che vi accadevano, e di un vigile urbano che aveva visioni e sogni riguardanti la Madonna.

“Perchè non vieni anche tu? - chiese Ugo Consales alla moglie – Ci sono altre persone, dicono un rosario”. Lei non aderì all'invito perchè quella sera aveva gente a casa.

“Ma quando mio marito è tornato – ricorda ancora oggi con meraviglia – quando è tornato, eh! Buonasera! Piangeva, piangeva come un bambino e ripeteva tutto emozionato: Se tu sapessi, Carla, che è successo! Quello che è successo! - e piangeva -. Ti senti polvere, vicino a una cosa di quelle, ti senti niente”.

Insomma, verso la mezzanotte aveva assistito alla illuminazione del muro alla presenza di una ventina di persone raccolte in preghiera. Nel buio della notte uno splendore indescrivibile aveva “acceso” il muro della Madonna per la durata di quasi un minuto. Anche il fratello (Mario) aveva visto la stessa luce, ed ora, rientrato a casa, anche lui ne riferiva alla moglie Edda in preda ad una forte commozione.

Da quel giorno i fratelli Consales e le loro mogli divennero assidui frequentatori di Jaddico.

“Incominciammo ad andare ogni sera – conferma Carla Codutti – lo abbiamo fatto per anni ed anni, assiduamente; e mentre prima andavamo con la speranza che si ripetesse il prodigio, poi andavamo al solo scopo di pregare”.

Comunque, la loro costanza fu premiata perchè più volte poterono assistere al manifestarsi dei fenomeni luminosi ed altri segni. La prima volta fu nella notte di capodanno del 1963.

“Prima di mezzanotte – ricorda Carla Codutti – ci riunimmo in preghiera a Jaddico. Eravamo una ventina di persone, stavamo sulla strada. Il cielo era cupo, nero, senza stelle e senza luna, senza niente, niente, tutto un silenzio, non passava una macchina, non c'era nessuno. Recitammo il Rosario guidati da Cosimo Melacca, un contadino che abitava lì vicino. Quello non mancava mai. Ad una illuminazione, si è buttato a terra e ha baciato la terra.

Teodoro pregava appartato davanti al quadro della Madonna . Sembrava in estasi. Ad un certo momento è venuto su verso di noi barcollando, era inondato di profumo. Allora, allargando le braccia, ha gridato: “Si sta illuminando la campagna! La luce è uscita dalla parete e si è illuminata tutta la campagna!” Ma noi non vedevamo niente. Poi, dopo un poco, forse tre o quattro secondi, dice: “Adesso la luce sta rientrando nella parete”.

A questo punto anche noi vedemmo la parete illuminata, illuminata a giorno. Nel buio della notte, a mezzanotte e venti, in mezzo a quella boscaglia, noi vedevamo risplendere il rudere dove c'è l'affresco della Madonna come se da quel muro promanasse una luce color oro, proprio il colore dell'oro. Io l'ho vista sempre così”.

Anche altri avevano visto la luce dello stesso colore. Per esempio, durante l'illuminazione del 7 settembre 1962.

“Io non frequentavo ancora Jaddico – dice la signora Codutti – ma sono venuta a conoscenza del fatto da testimoni di assoluta serietà ed attendibilità”.

Dunque, quella sera Teodoro era raccolto in preghiera davanti al quadro del muro. A qualche passo da lui (una ventina di metri) un gruppetto di persone era in preghiera.

Ad un certo momento si udirono rumori provenienti da dietro il muro. Teodoro incuriosito ed anche insospettito, si alzò per vedere e quando si affacciò dietro il muro gli apparve la Vergine Santa in tutto il suo splendore. Era in piedi sopra un tufo. Dal palmo delle mani aperte si sprigionavano fasci di luce dorata.

Quelli che stavano sulla strada notarono che nei pressi del muro c'era un albero di fichi, ormai spoglio data la stagione; tuttavia erano rimasti attaccati ai rami diversi frutti acerbi. Quell'albero, investito dalla luce della Madonna, divenne tutto dorato. Anche i fichi appesi ai rami sembravano di oro, proprio i fichi, sì, i frutti, sembravano tanti campanelli di oro”.

Un'altra indimenticabile illuminazione, dice ancora Carla Codutti, fu l'ultima, quella del 27 maggio 1963.

“Quella sera, davanti ad una settantina di persone, il muro si “accese” di una meravigliosa luce dorata. Poiché a quell'epoca si stava già costruendo la chiesa ed i muri perimetrali erano già stati alzati, la luce si diffuse tutta all'interno. La luce riempì tutto l'interno del rustico dell'edificio e, non essendoci ancora il tetto di copertura, si proiettò fino al cielo come un blocco unico, come fosse una colonna di luce dorata”.