QUELLE PRIME VOLTE A JADDICO

Quarantacinque anni dopo nel ricordo dei figli di Teodoro

(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

 

 

 

Un giorno verso la fine d'agosto del 1962 Teodoro D'Amici, inaspettato, arrivò con la moglie a Taranto, a casa della figlia Tina, la primogenita, ventiquattro anni, sposata con un bambino. Il marito, Gino Piscopiello, sottufficiale della Marina Militare, si trovava in quei giorni in crociera sull'incrociatore “Duca degli Abruzzi”.

“Visto che stai sola – disse Teodoro – perchè non te ne vieni con noi a Brindisi per qualche giorno?”

“Vieni” insisteva il padre, e la ragazza intuiva che in quell'invito e dietro quell'insistenza c'era qualcosa che andava al di là del semplice piacere di ritrovarsi un po' in famiglia. Ma Teodoro non si apriva, non parlava, faceva il misterioso.

“Fu la mamma – dice Tina – che a un certo punto mi ha raccontato tutto quel che stava accadendo a Jaddico, e allora mi sono decisa”.

Fu così che assistette per la prima volta al fenomeno della luce. Lo ricorda così: “L'illuminazione si verificò di sera, al buio, sulla parete diroccata, che si illuminò tutta quanta; il quadro della Madonna diventò vivo nei colori. Ricordo questo particolare perchè mi fece impressione, e quando mio marito tornò dalla crociera glielo raccontai insistendo su questo fatto; ma lui, siccome non credeva, continuava a canzonarmi: chi sa cosa hai visto, e come l'hai visto, e la luce com'era, e papà cosa faceva...”. Finì che a Jaddico ci ritornò, questa volta con lui.

 

Era la sera del 7 settembre 1962, verso la mezzanotte. La campagna circostante (a quell'epoca c'era solo il troncone di muro diroccato) era avvolta nel buio più fitto. Raccolte in preghiera c'erano una quindicina di persone: i coniugi D'Amici con i tre figli: Tina, Teresa e Tonino, e la zia Giovanna Cassano; c'erano i Martinelli (Elvio e la moglie con i genitori di lei), i fratelli Ugo e Mario Consales, Cosimo Melacca, Gino Piscopiello (genero di Teodoro) e un giornalista.

“Un bel momento – ricorda la figlia Tina – sentimmo gridare papà, che stava pregando da solo sotto il quadro della Madonna; lo sentimmo gridare: la luce! la luce! Noi però non vedevamo niente. Abbiamo visto invece lui tirarsi su, perchè era inginocchiato, ed è andato dietro la parete perchè, disse poi, aveva udito dei rumori che lo avevano insospettito. Dopo abbiamo saputo che dietro alla parete ha avuto la visione della Madonna. Lui ha raccontato questo, noi non l'abbiamo vista. Ha detto che la Madonna posava i piedi su un tufo (quello custodito nella teca di vetro all'ingresso del santuario) e teneva le mani così, con i palmi rivolti in giù, mentre dalle dita partivano raggi luminosi che illuminavano la zona circostante.

“Noi in un primo momento non abbiamo visto niente – interviene il marito Gino Piscopiello – poi si è illuminato dappertutto. La luce era simile ad un neon freddo; non era luce calda, piuttosto argentea, di tipo lunare; era molto chiara e illuminava tutto intorno. Si vedevano le piante, si potevano contare i filari della vigna. Ci vedevamo in faccia. Ricordo che scambiai qualche impressione con un giornalista che stava accanto a me e dicemmo pure: quanto sarà di lato 'sta luce? Contammo fino a trenta, trentacinque filari di vigna. Dal muro dove c'era il quadro della Madonna si vedevano trenta, trentacinque filari di vigna. Era tutto illuminato, sia da una parte che dall'altra, erano più di quindici, venti, venticinque metri se si tiene conto che tra un filare e l'altro c'è circa un metro. Questo è il discorso che facevo con quel giornalista”.

 

Diverso è il ricordo che di quella luce ha Teresa la seconda figlia di Teodoro, diciotto anni all'epoca dei fatti: “C'ero anch'io quella sera e anch'io ho visto la luce. Era una bella luce dorata – dice – meravigliosa, alta e larga più del muro, gradevole agli occhi. Una luce così bella non esiste. Una luce dorata che illuminava tutta la campagna; anche l'immagine della Madonna col Bambino splendeva chiara e luminosa. Poi ho saputo che dietro il muro la Madonna è apparsa a papà, e gli ha detto: non tutti possono vedere quello che vedi tu. Cerca l'acqua mia. Poi papà è crollato, come svenuto, e alcuni uomini sono andati a soccorrerlo”.

 

“Mio marito – dice Tina – non ha mai avuto una grande fede; solo che quella sera, ricordo, e mi è rimasto impresso, lo vidi piangere, lo sentii gridare al nostro piccolo Claudio (tre anni) che dormiva in macchina. Gridava: “Claudio, Claudio, svegliati, Claudio svegliati, stiamo vedendo una cosa che non vedremo mai più nella vita!”

“E' vero – conferma Gino Piscopiello – rimasi impressionato, ma il bambino non si svegliò. Quanto è durato il fenomeno? Ho avuto il tempo di chiamare Claudio, ho avuto il tempo di contare trentacinque filari, di scambiare qualche battuta col tizio”.

Rientrati a casa, praticamente passarono la notte in bianco a commentare e rievocare le varie fasi di quella straordinaria avventura, a fare ipotesi, a precisare dettagli, aggiungere particolari, a smaltire un'emozione fortissima, consapevoli di aver vissuto un evento di carattere soprannaturale. Piscopiello in particolare batteva sul tasto di quella strana luce che non produceva ombre.

“In quel periodo mi dilettavo di fotografia – dice – e avevo l'occhio esercitato a cogliere i dettagli. Posso dire che quella sera a Jaddico anche l'uva ai ceppi era luminosa, senza ombre; non c'erano ombre nè intorno alle piante (nei pressi del muro riuscii a contare almeno una quindicina di filari) né in nessuna altra parte. La zona era illuminata, ma senza ombre”.

 

Tonino, il terzo e ultimo dei figli di Teodoro, undici anni all'epoca dei fatti, c'era anche lui quella sera, come in molte altre sere successive, ma di quegli eventi conserva ricordi frammentari e confusi. A quell'età, com'è naturale, altri pensieri occupavano la sua mente, uno in particolare: la vespa di suo padre che gli era proibita per motivi di sicurezza, di cui lui però, appena possibile, si impadroniva andandosene scorrazzando per le strade della Commenda.

Ricorda però quegli incontri di sera a Jaddico, quelle persone in preghiera che all'apparire della luce misteriosa cadevano in ginocchio, a volte di schianto, e piangevano senza ritegno, in modo irrefrenabile.

Nulla sfuggiva al piccolo Tonino che vedeva tutto e tutto scrupolosamente registrava: la luce, i profumi e i giochi delle stelle, i racconti e le testimonianze, il comportamento dei grandi, i movimenti del padre, dentro e fuori casa, la dedizione dei Servi della Madonna che si stringevano intorno Teodoro, attivi e generosi. Lui raccoglieva tutto, attento e silenzioso, conservando queste cose come un tesoro.